domenica 17 luglio 2011

Ci hanno detto che non sarebbe cambiato nulla

Ci hanno sempre ripetuto che con la riforma Gelmini, e con i tagli che non sono tagli, l'università italiana non sarebbe peggiorata, ma anzi, al contrario avrebbe raggiunto nuove vette di efficienza ed efficacia.

E non solo questo. Ci hanno sempre ripetuto come un mantra la grande favola del nord ricco e produttivo, di una terra dove chi aveva voglia di lavorare avrebbe trovato la propria Eldorado e dove ogni minimo servizio era garantito per tutti.

Un sogno in cui molti si sono crogiolati e sempre le inefficienze scaricate su Roma ladrona e il sud parassita. Eppure anche al nord, ed in particolare nella ricca Lombardia, è arrivata la crisi e i cordoni della borsa iniziano a stringersi. E come al solito, quando si deve tagliare qualcosa si inizia dal welfare state.

Sintomatica di ciò è la situazione che sta vivendo il servizio per il diritto allo studio universitario. Tutto il servizio, ma in particolare la copertura delle borse di studio, è sempre stato un fiore all'occhiello per la Lombardia e più in generale per il sistema universitario regionale. Complice anche la presenza di grandi e famosi atenei la Lombardia ha sempre attirato grandi masse di studenti da tutta Italia, masse che contribuivano poi alla ricerca e all'industria del nord Italia.

Eppure nell'ultimo anno non è più cosi. Come già fatto notare durante l'inaugurazione dell'anno accademico, per la prima volta non avremo una copertura totale dei vincitori di borsa di studio. I dati ufficiali sono giunti dal Prof. Caimi durante l'ultimo Consiglio di Amministrazione dell'ateneo bresciano.
Nell'anno accademico 2010/11 solo il 68% dei beneficiari è risultato anche assegnatario. Il 32% di coloro che avevano diritto a ricevere un aiuto economico da parte dello Stato sono stati lasciati soli. Ed i numeri si fanno sempre più neri se cerchiamo di osservare il futuro. Sempre il Prof. Caimi, presidente del CEDISU, per l'anno prossimo ha stimato una copertura del 60% dei beneficiari, con un probabile conseguente forte calo delle iscrizioni presso il nostro Ateneo.
Se a ciò uniamo un servizio ristorazione sempre più carente, con locali piccoli e poco adatti, a livello bresciano si salva soltanto il servizio alloggi. Quest'ultimo servizio è negli ultimi anni in forte espansione grazie a interessanti interventi di edilizia in attesa del famoso Campus la cui costruzione non inizierà prima del 2013.

E' una situazione critica che si ripercuoterà prevalentemente sugli studenti fuorisede - una categoria fortemente interessata dall'istituto delle borse di studio - e sulle classi sociali più deboli.
Infatti se i primi dovendo vivere fuori dal nucleo familiare sono costretti ad affrontare ulteriori spese per il proprio sostentamento, i secondi per le condizioni economiche in cui versano potrebbero aver difficoltà ad affrontare i costi base per l'istruzione universitaria dei propri figli.
Se da una parte con il venir meno dei fuorisede l'ateneo cittadino rischia di rimanere nel suo provincialismo, contro il quale il Rettore Pecorelli sta combattendo non sempre con metodi trasparenti, dall'altra, il mancato accesso delle fasce deboli e svantaggiate della società all'istruzione universitaria fa venir meno quella funzione di ascensore sociale che l'università ha o dovrebbe avere.
Inoltre come il Prof. Caimi ha ben sottolineato durante il suo intervento, una diminuzione degli studenti fuorisede rischia seriamente di rendere inutile, se non addirittura dannoso, l'importante lavoro che l'ateneo cittadino sta compiendo sulle residenze universitarie.

A ciò bisogna affiancare il dato che vede gli atenei lombardi e più in generale lo Lombardia al top del sistema universitario italiano nella classifica degli importi della contribuzione studentesca.

Una visione complessiva di tutti i dati esposti, rende chiaro lo stato in cui rischia di ritrovarsi l'università italiana: un sistema di istruzione per pochi, dove questi pochi saranno divisi tra coloro che potranno permettersi di studiare in ottime università anche lontano da casa e chi, tra i pochi, per i costi eccessivi sarà costretto a scegliere l'università più vicina a casa.
Alla luce dei fatti, si rende necessario un forte rifinanziamento del servizio al diritto allo studio universitario - cosi come tutto il sistema di istruzione superiore in generale - che consenta alle classi di studenti sopraddette di continuare ad accedere al mondo universitario.
Sulla scia degli altri governi europei, il governo italiano, ed in particolare nel nostro caso la Regione Lombardia, deve avere il coraggio di investire nella ricerca e nell'istruzione pubblica, perché sono l'unica via per un rilancio economico e strutturale della sistema paese.

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