mercoledì 28 settembre 2011

L'egemonia culturale


« Per l'imperialismo è più importante dominarci culturalmente che militarmente. La dominazione culturale è la più flessibile, la più efficace, la meno costosa. Il nostro compito consiste nel decolonizzare la nostra mentalità. »
(Thomas Sankara)
Apro questo post con un aforisma di uno sconosciuto presidente e rivoluzionario africano, perchè penso che seppur inserito in un contesto diverso rispetto alla realtà occidentale le parole di Thomas Sankara illustrano bene e in modo semplice l'egemonia culturale teorizzata agli inizi del 1900 da Antonio Gramsci.

Come Sankara diceva che i popoli africani non avrebbero mai potuto liberarsi finché avessero pensato seguendo il modello culturale imposto dagli occidentali, cosi Gramsci teorizzava che finchè l'egemonia culturale di un paese era imposta dalla borghesia il proletariato non avrebbe mai potuto prendere coscienza di se perchè proiettato all'interno di una visione culturale che lo distaccava dalla propria condizione sociale. Una dominazione culturale che è molto più semplice rispetto a quella militare - come dice Sankara - perché volta ad annichilire, non il corpo, ma la mente della popolazione attraverso una proiezione di un mondo in cui tutti sono ricchi e in cui i ricchi sono tali perchè sono i migliori. Il cosiddetto selfmade man.

In altre parole è necessaria una presa di coscienza di stessi e della propria condizione sociale per poter effettuare o quantomeno pensare ad un qualunque cambiamento. Ma la presa di coscienza non può essere singola o di ristretti gruppi di persone. Proprio in questo sta la grande rivoluzione culturale di Antonio Gramsci e proprio su questo il suo pensiero si distacca enormemente da quello di Marx e Lenin.
Il filosofo italiano non crede che le avanguardie rivoluzionarie possano compiere la rivoluzione con un appoggio passivo - se non con un palese contrarietà - dell'intera classe proletaria che ancora non ha raggiunto una coscienza di se.

Secondo Gramsci a questo punto entra in gioco il ruolo della scuola e dei mezzi di comunicazione di massa - che proprio in quegli anni si diffondono con la radio - che diffondono la cultura borghese, o imperialista come nel caso del Burkina Faso e del suo presidente. In altre parole per poter sperare di effettuare una rivoluzione o un cambiamento, devi prima di tutto sovvertire il modello culturale dominante e questo è possibile farlo solamente attraverso i mass media e la scuola, perché da essi partono.


Ma traslando il discorso da una visione rivoluzionaria, cioè dal piano sul quale l'ha impostata Gramsci, ad un piano più prettamente sociale le idee e le concezioni gramsciane rimangono comunque intatte. E chiunque neghi tutto ciò, sopratutto in Italia, dimostra la sua incompletezza politica ed analitica della società.

Questo perché proprio il belpaese è l'esempio portante di come l'imposizione di una visione culturale dominante possa cambiare l'aspetto politico e sociale di un paese. Penso che non sia difficile capire quale sia l'egemonia culturale a cui mi riferisco. In 30 anni la televisione commerciale in Italia ha imposto una propria visione sociale - egemonia culturale - e propri modelli sui quali la popolazione italiana si è poi appiattita. Come teorizzava Gramsci ottant'anni prima un mezzo di comunicazione di massa ha imposto un'ideologia dominante, rendendo impossibile solo immaginare un altro modello di pensiero.
Ma non finisce qui. I cosiddetti Berlusconiani, che a differenza di altri sembra che abbiano ben studiato Gramsci, resosi conto che con i mass media potevano compiere questa imposizione culturale e che al contempo la scuola - altra entità teorizzata da Gramsci - non poteva essere controllata e anzi poteva solo identificare un altro modello ideologico, hanno deciso di rendere nulla tale istituzione. Da qui nasce la distruzione di un istituto che in altri contesti è sempre stato visto che fondamentale per l'imposizione di un modello culturale (vedi come i vari regimi dittatoriale abbiano subito posto mano sulla scuola).

Solo attraverso una presa di coscienza di quanto teorizzato Gramsci e quindi di un successivo contrasto al modello egemonico in questo momento possiamo sperare di combattere la decadenza morale e materiale del belpaese.
Chi denigra o non prende in considerazione tali teorie non può che essere destinato ad continuar ad essere profeta senza patria.

martedì 27 settembre 2011

Botta e risposta tra giovani sui giovani

Di seguito la lettera elaborata dalla Segreteria provinciale dei Giovani Democratici di Brescia in risposta ad una lettera sul giornale - che potete leggere qui - dei Giovani Padani sugli scontri di Londra dell'Agosto scorso.


Partendo dal presupposto che non ci stupisce affatto che i Giovani Padani considerino la scomparsa dei fenomeni migratori come la panacea di tutti i mali, vorremmo approfittare del loro intervento in risposta alla nostra lettera per chiarire alcuni passaggi sostanziali.

La logica finalizzata a ricercare nella figura dell’immigrato la causa a priori di ogni destabilizzazione sociale, ci sembra francamente un ritornello stonato e una visione semplicistica del contesto storico in cui viviamo che, al contrario, ci vorrebbe doverosamente partecipi a ben altre aperture.

Il tema dell’integrazione è certamente molto delicato e complesso e deve essere affrontato dall’Unione Europea attraverso l’attuazione di politiche migratorie finalizzate a ridurre sempre più la frattura sociale tra Paese ospitante e immigrati. Resta il fatto che queste non sono le ragioni che è possibile estendere agli scontri di Londra, l’origine delle sommosse non trova un senso in quella zona circoscritta della città perché la maggioranza della popolazione è costituita da immigrati, ma piuttosto perché quei quartieri sono abitati da gente particolarmente povera a cui è precluso l’accesso alla dimensione capitalistica e consumistica della metropoli.

Crediamo che i Giovani Padani siano in grado di poter esprimere una loro riflessione sui fatti anche emancipandosi dall’utilizzo di un’arma, così poco rigorosa dal punto di vista intellettuale, come la distorsione delle parole altrui. Terremmo infatti a specificare che non abbiamo mai e in alcun modo espresso una giustificazione nei confronti della violenza esplosa per mano di quei ragazzi, abbiamo cercato, al contrario, di rintracciare delle motivazioni che non si limitassero alla particolare contingenza londinese, ma che si estendessero ad una dimensione generalizzata degli stati europei che non si stanno preoccupando di garantire a tutti i giovani le stesse condizioni di partenza.

La nostra argomentazione sui fatti di Londra proviene dalla convinzione che la politica si debba avvalere di un senso critico volto ad analizzare la contemporaneità e i fenomeni allarmanti che la caratterizzano ai fini di elaborare proposte che tentino di migliorare le condizioni delle categorie sociali coinvolte. Queste sono le ragioni per le quali crediamo che il nostro Paese non abbia bisogno di slogan, né tantomeno di una politica che promuove la paura verso gli immigrati come analisi ultima di ogni episodio di disordine italiano o europeo che sia, anche quando la contingenza specifica non ne richiede il coinvolgimento (ne costituiscono un esempio i fatti di Londra). Esistono armi retoriche di gran lunga più nobili per conquistare la preferenza di un elettore e rendere un servizio al nostro Paese.

Non serve a nessuno la morale sull’importanza del “tirarsi su le maniche”, non serve ai ragazzi di Londra che riteniamo ne conoscano già l’indispensabilità e non serve neanche a noi giovani italiani considerato che, nonostante ci sia stata data la possibilità di formarci ed educarci, ci stiamo adeguando a questa realtà già da qualche tempo a questa parte.

Segreteria Giovani Democratici di Brescia

lunedì 26 settembre 2011

A volte capita che ti prendano sul serio

L'altro giorno quasi per caso  - in un attimo che potrei definire scherzosamente di egocentrismo - Matteo Domenighini, mio compagno di rappresentanza universitaria, scopriva tra le mille risorse della rete una risposta di Furio Colombo sul Fatto Quotidiano alla lettera inviata da due giovani studenti circa il rapporto Bronwe.

Immaginate la mia sorpresa scoprendo che la lettera a cui Furio Colombo rispondeva era quella scritta da me e da Matteo.
Seppur piccole sono delle belle soddisfazioni per chi spende parte del proprio tempo libero nel rappresentare le istanze degli studenti.

Potete leggere la risposta qui

domenica 25 settembre 2011

Ma è veramente la Gelmini il problema?

La gaffe a cui abbiamo assistito ieri è solo l'ultima dimostrazione di incapacità di un ministro, ma in particolare del suo staff. E' qui sta il centro del problema.
Non penso che quel comunicato l'abbia scritto la ministra Gelmini, anzi penso che non l'abbia neanche mai letto - è in grado di comprendere la portata scientifica di tale scoperta?. Chi ha scritto tale comunicato è stato sicuramente l'ufficio stampa del ministero sotto la dettatura di qualche dirigente del ministero.

Per questo come dico ormai da tanto - troppo - tempo il vero problema non è tanto l'incapacità di questo pseudo ministro - cosa ormai appurata - ma quanto l'incapacità del suo Staff e della dirigenza del MIUR (il Ministero dell'Istruzione dell'Università e della Ricerca).

Un ministro può dettare le linee politiche, ma poi chi mette in pratica queste linee è lo staff e la dirigenza che circonda il ministro. E' non c'è peggior pasticcio di quello fatto inconsapevolmente. 

Quindi il vero problema è la dirigenza del MIUR che più volte ha dimostrato di non conoscere come funziona il sistema di istruzione pubblica italiano, figuriamoci se sono in grado di comprendere alcuni esperimenti di fisica quantistica.
In questo senso fu paradossale la vicenda della prima classifica ministeriale dell'estate 2009 in cui vennero usati indici di valutazione completamente al di fuori da ogni logica.

Per l'ennesima volta la politica si mostra deficitaria, oltreché nelle proprie capacita, anche nello scegliersi i propri collaboratori, che dovrebbe essere la prima caratteristica di ogni buon politico.

sabato 24 settembre 2011

Qualcosa si muove

Manca ormai solo un anno e mezzo alla corsa per la Loggia e si iniziano a vedere e captare i primi movimenti all'interno dei partiti e delle coalizioni cittadine.

Se ad aprire le danze in una situazione ancora abbastanza confusionaria, ci ha pensato ancora qualche mese fa il Partito Democratico guidato da De Martin con l'istituzione di un tavolo di confronto del centrosinistra bresciano, adesso iniziano a muoversi un po' tutti i pretendenti alla poltrona di sindaco.

Cosi se le intenzioni di Laura Castelletti e della sua lista civica sono note da tempo, nella giornata di ieri apprendiamo da BsNews in un articolo a firma di Andrea Tortelli, che la galassia a sinistra del Pd non se ne sta con le mani in mano e in un'ottica di future primarie sta cercando il proprio cavallo di battaglia.
Cavallo di battaglia che sembra rispondere al nome di Marco Fenaroli - già consigliere comunale per il Pci dal 1975 al 1984 - anche se l'interessato per il momento non ha ancora confermato la sua intenzione di scendere in campo rispondendo con un lapidario "ci penserò".

Aldilà della persona e delle critiche che si sono mosse da più parti con diverse motivazioni di fondo, quello che dobbiamo registrare in modo positivo è la voglia da parte di diverse componenti del centrosinistra bresciano di concorrere in modo propositivo alla corsa per la Loggia nel 2013.
Molto probabilmente la candidatura di Fenaroli non andrà a buon fine, ma sarà comunque servita come prova generale per la convergenza di tutte le forze che si trovano a sinistra del Partito Democratico.

Ma quale dev'essere il prossimo passo? Sicuramente la volontà di partecipare al tavolo del centrosinistra bresciano e una volta steso il programma elettorale la volontà di indire e partecipare, senza se e se ma, alle primarie di coalizione.
Sarebbe sicuramente una prova di maturità politica che non potrà che colpire in senso positivo gli elettori del centrosinistra e gli indecisi.

Primarie che mi auspico possano vedere la partecipazione anche del mondo civico e civile bresciano. Da iscritto, oltreché da elettore del centrosinistra, non posso che vedere positivamente una corsa a tre da qui ad un anno per decidere lo sfidante del centrosinistra per la sfida della amministrative 2013.

venerdì 23 settembre 2011

Il nuovo Ulivo a Brescia

Due giorni fa sul BresciaOggi usciva un articolo in cui si illustravano le prospettive per un Nuovo Ulivo a livello nazionale e locale, seppur con il vecchio Ulivo le considerazioni fatte hanno poco a che fare.
Ma tralasciando se sia il caso o meno di accostare le nuove alleanze con il vecchio Ulivo, vorrei partire dal presupposto che a mio parere è completamente errato mischiare due livelli cosi diversi come quello amministrativo-locale e quello politico-nazionale. Nonostante ciò, restano comunque come dato di fatto le varie posizione espresse dai politici locali, tra cui spiccano il consigliere regionale Girelli e i due deputati ex DS Corsini e Ferrari.

Come si usa dire, penso che anche in questo caso i protagonisti stiano guardando il dito anziché alla luna.
Dico questo partendo dalla riflessione che ci impone la linea che Enrico Berlinguer fissava già negli anni '70. Per il segretario del Partito Comunista, per governare non bastava il 50% + 1 dei voti, ma era necessaria una larga intesa che consentisse un'ampia convergenza sui temi e sulle riforme. In particolare Berlinguer identificava questa ampia convergenza con l'incontro delle tre grandi aree popolari: quella socialista, quella comunista e quella cattolica - che lui identificava nelle correnti di sinistra dell'allora DC.

Se vogliamo ragionare sul livello politico-nazionale quello che a mio avviso oggi i nostri politici sbagliano è che semplicemente si soffermano a guardare i partiti - il dito - anziché le masse popolari e il loro potere riformatore - la luna. La convergenza che veniva auspicata negli anni '70 ha oggi un nome che corrisponde a quello di Partito Democratico. Eppure ciò non basta. Non basta perché lungo la via, per errori di tutti, abbiamo lasciato per strada alcune parti di quelle tre grandi aree popolari, ed in particolare alcuni settori che ancora oggi si richiamano a quel grande patrimonio culturale che furono le ideologie socialiste e comuniste italiane. Ma dove possiamo ritrovare i nostri vecchi compagni di cammino? Certamente nell'IdV e in SeL, molto meno all'interno dell'UdC e ancor meno all'interno del Terzo Polo.
Ma questa parziale frammentazione delle aree popolari non può negare, o mettere in discussione, il ruolo egemonico che il Partito Democratico ha all'interno del centrosinistra italiano frutto di quella convergenza di masse popolari tanto auspicata da Berlinguer.
Il fattore che invece può mettere in discussione il ruolo egemonico del Partito Democratico è invece la mancata presa di coscienza di se stesso come centro gravitazionale attorno al quale convogliare gli altri partiti del centro sinistra italiano in un'ottica di un governo dal forte appoggio popolare. Il rincorrere alleanze forzate, per meri fini elettorali e non politici, con partiti che non fanno parte di un'area culturale propria delle tre grandi forze popolari, non può che far venir meno il riconoscimento del ruolo egemonico proprio del DNA del Partito Democratico - sia da parte degli elettori sia da parte degli stessi iscritti.
E' quindi necessaria una presa di coscienza del proprio ruolo che deve poi declinarsi certamente in un dialogo con coloro che hanno fino ad oggi condiviso con esso un percorso politico - più o meno travagliato -, ma non in un calarsi di pantaloni nei confronti di coloro che fossero interessati ad associarsi solo per un mero calcolo elettorale.
Penso che questo, a livello nazionale, sia il caso dell'UdC di Pierferdinando Casini.
Un rincorrere in continuazione il partito di Casini - come auspicato dalla famosa area lettiana - che poco ha in comune con l'area del centrosinistra italiano e che sopratutto più volte ha negato il confronto chiamandosi fuori da un percorso politico comune, non può che penalizzare il ruolo egemonico del Partito Democratico - il partito abdica al suo ruolo centrale cercando di rincorrere gli estremi esterni a cui conferisce un aspetto centrale - e di conseguenza la sua autorevolezza e la sua capacità di mediazione. Il venir meno di queste caratteristiche porterà inevitabilmente, all'interno di un'eventuale alleanza allargata, un comporsi di forze centrifughe che renderanno il governo debole ed instabile con rivendicazioni inconciliabili per la mancata forza mediatrice del Partito Democratico.
Infine un governo debole ed instabile - come l'ultimo governo Prodi - non può che far perdere ancor più credibilità al centrosinistra italiano in una vorticosa spirale che aprirebbe per l'ennesima volta il campo al centrodestra.
Ma allora quale dovrebbe essere il compito del Partito Democratico se desiderasse guardare la luna anziché il dito?
Innanzitutto non dovrebbe rincorrere gli altri partiti, ma parlare agli elettori. Dovrebbe quindi stendere una seria e credibile proposta elettorale per il dopo Berlusconi che vada oltre i soliti slogan anti-cav. Il Partito Democratico deve mostrarsi come credibile alternativa allo scempio attuale. Non deve cavalcare l'antipolitica - propria del centrodestra che vuole uniformare tutti e dei movimenti di protesta -, ma deve mostrare agli elettori che un'altra politica è possibile e che esso è portatore di quei sani valori che sono richiesti per governa un paese di oltre 60 milioni di cittadini. Ciò è possibile solo ripartendo, come già detto, da un serio programma politico al quale va affiancata la ripresa della questione morale lanciata proprio da Enrico Berlinguer negli anni '70. E' necessario un rilancio della superiorità morale del centrosinistra che non si declini solo a parole, ma anche con i fatti. Sono sicuro che facendo cosi, non solo le forze popolari del centrosinistra si ricompatterebbero attorno al Partito Democratico, ma anche che i partiti che fanno riferimento alla stessa area politica del PD ne riconoscerebbero il ruolo egemonico e costituirebbero una solida alleanza con lo stesso nella prospettiva, a mio avviso concreta, di poter governa il paese per un'intera legislatura con un programma politico ben definito.


Discusso del piano nazionale, se vogliamo proiettarci su quello locale è necessario invece formulare un'altra riflessione. A differenza del piano politico-nazionale, sul piano locale le forze civiche hanno una loro forza e sopratutto una loro dignità. Una dignità che deriva dalla spaccatura del piano ideologico al momento del voto che si ricompone, o almeno dovrebbe, in una convergenza sul nome dei candidati anziché sul simbolo di partito. E' un ragionamento questo che vale anche per città di media grandezza come Brescia. Per questo motivo in ambito locale non ha più senso parlare di una convergenza delle tre forze popolari, ma è necessario parlare di autorevolezza dei nomi e delle idee.
In questo ambito allora è auspicabile un confronto e una convergenza con le liste civiche bresciane - oltreché con i partiti nazionali -, in testa alle quali personalmente metto Brescia con Passione di Laura Castelletti e Officina della Città di Francesco Onofri. In tal caso possono valere le considerazioni fatte per il piano nazionale, ma la condivisione di linee programmatiche comuni - cosa molto più semplice da fare rispetto al piano nazionale - unito alla mancanza di tematiche ideologiche e alla autorevolezza del candidato sindaco, rendono il tutto molto più amalgamabile e meno soggetto a forze centrifughe.
Se a ciò uniamo la scelta del candidato sindaco attraverso l'istituto delle primarie - successivo alla stesura di una proposta politica di fondo - a cui partecipano, senza se e senza ma, tutti i partiti della coalizione, non possiamo che presentarci con una coalizione forte e vincente che ridarebbe a Brescia il giusto ruolo sul piano nazionale oltreché un'amministrazione degna di tale nome.
Non si può quindi che applaudire i segretari cittadino e provinciale - De Martin e Bisinella - che hanno costituito un tavolo di confronto per il centrosinistra bresciano che ha regole e basi di partenza ben chiare.
Come già detto sopra, se chiunque si siederà a questo tavolo saprà e accetterà regole chiare di convivenza politica, il centrosinistra bresciano non potrà che andare a vele spiegate verso le amministrative del 2013.


Resta infine la questione del nome che risulta indipendente dal piano sul quale si vuole ragionare. Come già detto sopra, il cosiddetto Nuovo Ulivo ha ben poco in comune con l'esperienza politica che ci ha accompagnati per 12 anni. Non penso che quella esperienza possa essere riproposta oggi perché i tempi, e sopratutto le forze politiche sono cambiate.
Troviamogli un qualunque altro nome, ma lasciamo riposare in pace una bella esperienza politica che ha dato, nel bene e nel male, i suoi frutti e portiamoci con la testa verso il futuro.

mercoledì 21 settembre 2011

E' davvero utile il referendum elettorale?

Quelli che stiamo vivendo sono gli ultimi giorni della raccolta firme per il referendum contro la legge elettorale detta Porcellum approvata nel 2005 dal Governo Berlusconi, di cui il primo firmatario fu l'allora Ministro Calderoli.

Fin dalla sua promulgazione il Porcellum ha subito diverse e profonde critiche da tutte le parti, addirittura dal suo stesso propositore che ha coniato egli stesso il nome oggi comune ai più definendo la stessa una legge porcata. Ma la principale accusa, e quella maggiormente rimbalzata dai media italiani, che si muove verso questa legge è l'impossibilità per gli elettori esprimere una preferenza diretta per i candidati presenti nelle liste, e quindi di non poter scegliere direttamente i propri rappresentanti in parlamento, dovendosi limitare a mettere una croce sul simbolo del partito scelto. Questo perché con la riforma elettorale del 2005 sono state introdotte le liste bloccate stilate dalle segreterie dei partiti senza possibilità di preferenza. In base ai posti assegnati ai singoli partiti nel collegio elettorale verranno poi eletti i primi della lista fino al raggiungimento dei posti assegnati. Con questo modello chi decide gli eletti sono le segreterie di partito e non più gli elettori.

Ed è proprio su questa storpiatura che gioca il tam tam mediatico che invita a firmare per il referendum.
Ma andiamo a vedere qual è l'alternativa introdotta dall'eventuale vittoria del refendum.
Con il Si all'eventuale referendum, quindi con l'abrogazione dell'attuale legge elettorale, si tornerebbe al vecchio modello elettorale, denominato Mattarellum  - dal nome del suo relatore On. Mattarella - in vigore dal 1993 in seguito al referendum del 18 Aprile dello stesso anno.
Ma il Mattarellum porrebbe rimedio alla principale criticità dell'attuale legge elettorale, cioè quella dell'impossibilità di eleggere direttamente i propri rappresentanti per la presenza di liste bloccate?
La risposta è no. Con il Mattarellum si tornerebbe ad un sistema misto maggioritario-proporzionale. Questo vuol dire che il 75% delle camere è nominata attraverso un modello maggioritario che prevede dei collegi uninominali. Ed è in questo 75% che si ripete la criticità denunciata nel Porcellum.
Infatti in ciascun collegio le liste elettorali (partiti o coalizioni) presentano ciascuna il nome di un solo candidato (da qui l'aggettivo uninominale): viene eletto il candidato associato alla lista che ottiene la maggioranza dei voti fonte wikipedia, ed in particolare nel modello italiano che si svolge a singolo turno, viene eletto il candidato con la maggioranza relativa - e non assoluta o al ballottaggio - dei voti del collegio.
Il restante 25% viene eletto con modalità differenti tra Camera dei Deputati e Senato della Repubblica.
Per il Senato si usa una modalità di ripescaggio dei non eletti nei collegi uninominali, mentre per la Camera si usa un listone unico a livello nazionale con le percentuali ripartire in base a macrocollegi geografici.
Si capisce che con il ritorno al Mattarellum non si pone fine alla paradossale situazione che tanto si critica del Porcellum.
Il ritorno alla vecchia modalità di elezione non permette una reale scelta dell'elettore su chi mandare in parlamento. Anche in questo caso la scelta viene effettuata nelle segrete stanze delle segreterie di partito con la corsa all'accaparrarsi i collegi di elezione sicura.
La successiva domanda da porsi è quindi se ha senso la raccolta e il successivo svolgimento di questo referendum?
La mia risposta è si. E non tanto per il ritorno al Mattarellum che, da fervente sostenitore del proporzionale puro con listone unico nazionale con successiva ripartizione in base ai risultati locali, non posso che guardare di mal occhio.
Penso che sia utile perché obbligherà la nostra classe politica ad interrogarsi e a trovare un accordo politico per effettuare una stesura delle regole che sia il più possibile condivida dalle parti in gioco.
Questo perché finché le regole verranno imposte a colpi di maggioranza il nostro sistema istituzionale sarà sempre sottoposto ad una continua confusione ed instabilità elettorale.

lunedì 19 settembre 2011

Mediterraneum Mare Nostrum

Così usavano dire gli antichi romani parlando di quel pentolone di culture e di popoli che è sempre stato il Mar Mediterraneo. Con tale locuzione i latini intendevano rimarcare il loro dominio politico militare ed economico su questo grande bacino idrico che si estende dal Medio Oriente fino alle Colonne d'Ercole e quindi all'Oceano Atlantico.
Una vocazione quella verso il Mediterraneo che ha sempre caratterizzato le popolazioni che hanno vissuto nella penisola italiana. Come non ricordare le quattro repubbliche marinare e i loro commerci che vissero poi il successivo declino in concomitanza con il declino dell'importanza del Mediterraneo. E cosi fino al XX secolo e alla follia imperiale del del fascismo che desiderava conquistarsi anch'esso un posto al sole. Nessun paese è più legato al Mar Mediterraneo dell'Italia che ne ha segnato e seguito le sorti per oltre 2000 anni.

E' in questo senso che va letta la politica filo araba intrapresa dai governi italiani degli anni '80. Il tentativo di riacquistare una posizione di leader, non più militare ma diplomatico, nel Mar Mediterraneo ha portato i governi del belpaese a distaccarsi dalla politica americana e ad intraprendente un percorso diplomatico volto alla ricerca di un'autonomia che non si è poi mai concretizzata anche e sopratutto per la discesa in campo di Silvio Berlusconi.
Dico fino a Berlusconi perchè fino agli inizi degli anni '90 del XX secolo l'Italia ha avuto le potenzialità per essere il leader geografico dell'area e di conseguenza la capacità di essere la cerniera tra l'Europa del nord e il mondo Mediterraneo. In questo senso vanno intesi gli interventi come forze di peacekeeping delle forze armate italiane in Libano - l'ultima volta sotto il governo Prodi - e gli interventi diplomatici nelle varie crisi che si sono susseguite nell'area, di cui la più famosa è sicuramente quella relativa alla nave Achille Lauro e al successivo incidente di Sigonella, entrambi legati ad un episodio della controversa questione isrealopalestinese.
Ma con i vari governi Berlusconi tutti questi sforzi sono sempre stati resi vani, sia dalla poca considerazione che gode il Presidente del Consiglio all'estero, sia dalla maldestra gestione della macchina diplomatica italiana.
Tale situazione politica non solo non ha più permesso all'Italia di mostrarsi come serio interlocutore per i popoli arabi, ma ne ha addirittura aggravato la situazione, accostando il governo italiano ai dittatori dell'area nordafricana.

Siamo cosi giunti alla paradossale situazione che quando nei prossimi giorni all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite si discuterà delle situazioni palestinese e libica, l'unico capo di governo che non sarà presente sarà il nostro Silvio Berlusconi. Mentre per le altre nazioni parleranno i vari Obama, Sarkozy, Cameron, Merkel ed altri, per l'Italia parlerà il ministro Franco Frattini, imbarazzante in altre sue uscite e certamente non al livello di un capo di Governo, per quanto questi sia Silvio Berlusconi.

E cosi ancora una volta, mentre a New York andrà in scena la politica mondiale che getterà le basi per le future relazioni economico politiche e per la futura governance mondiale noi italiani come al solito discuteremo di veline e di escort.

Per saperne di più puoi leggere l'articolo de L'Unità a firma di Umberto De Giovannangeli.

sabato 17 settembre 2011

Non è solo disservizio, è mancanza di rispetto

Con la fine delle vacanze, insieme all'autunno, si ripresenta puntuale anche il problema dei pendolari che per motivi di studio o di lavoro necessitano di spostarsi dalla provincia verso la città o dalla piccola città verso la metropoli che è Milano.

Necessità questa che nella maggior parte dei casi viene soddisfatta attraverso l'utilizzo del mezzo pubblico ed in particolare per le medie-lunghe distanze attraverso l'ausilio del trasporto su ferro.
Una modalità di trasporto, quest'ultima che negli anni è sempre al centro delle polemiche per la sua inadeguatezza, a cui si aggiunge nell'ultimo anno anche l'aumento del biglietto imposto dai tagli nazionali ai fondi regionali per il trasporto.
Tutto ciò ha spinto il vescovo bresciano Mons. Monari ad affrontare una giornata da pendolare per rendersi conto di quali siano le reali difficoltà per coloro che ogni giorno si trovano obbligati ad affrontare viaggi più o menu lunghi su treni regionali affollati, sporchi e quasi sempre fuori orario.

Ma non è solo un problema di disservizio quello che ogni giorni affrontano i pendolari. Coloro che viaggiano ogni giorno sulla rete ferroviaria lombarda si scontrano contro la mancanza di rispetto da parte di un'azienda che riceve cospicui finanziamenti statali, oltreché il biglietto per fornire un servizio adeguato.

Venerdì sera stavo rientrando da Milano con il treno regionale delle 22.25 dopo aver passato il pomeriggio e la prima sera in quel di Milano. Il viaggio scorre tranquillo fino alla stazione di Treviglio in quel del Bergamasco, dove il treno arriva e si ferma alle ore 23. Da lì in poi oltre mezz'ora di sosta fermi sul binario ad attendere non si sa che cosa. Io penso che un guasto, un problema, siano più che contemplabili, ma quello che non è accettabile è che un treno resti fermo per più di mezz'ora senza che il Capotreno, o altri impiegati della compagnia, avverta i passeggeri della presenza del disagio, e men che meno dei tempi necessari per riprendere il viaggio.
Penso che questa sia la mancanza di rispetto che contraddistingue il servizio ferroviario italiano rispetto a quello straniero ed europeo. La capacità di gestione di un'azienda si palesa anche nelle modalità con cui essa si rapporta con l'utenza in caso di disservizi. La capacità di Trenitalia è pari a zero. E ciò, unito a tutta la lunga serie di disservizi rende le ferrovie italiane non degne di un paese sviluppato.
L'on. Castelli ha dichiarato:
Bisogna entrare nella mentalità che i servizi vanno pagati perché la stessa corsa, in Inghilterra, costa quattro volte il costo in Italia
Affermazione che lascia il tempo che trova, provenendo dalla stessa persona che ha dichiarato che con 145mila euro l'anno è povero.
Inoltre pur non essendo quello il rapporto tra i costi del servizio, non è certamente paragonabile il servizio italiano con quello anglosassone.
Iniziamo col dire che c'è una gestione più seria e trasparente del servizio. Le stazioni sono più pulite e funzionali, inoltre sono presenti degli schermi in cui sono indicati i ritardi in tempo reale e il ritardo medio settimanale e mensile di tutto il servizio. Questa è la trasparenza. Operando in tal modo la società che gestisce il trasporto su ferro mostra all'utente il suo grado di efficienza dando cosi la possibilità di essere valutata dallo stesso. Passando ai treni, in Scozia gli interni dei mezzi del servizio locale assomigliano più ai nostri Freccia Bianca che ai nostri regionali per un maggior comfort per i passeggeri.

Di strada ce ne ancora molta da fare, e con i tagli, passati e futuri, l'unica prospettiva certa è quella di un arretramento del servizio ferroviario italiano ed in particolare lombardo.

mercoledì 14 settembre 2011

Le agevolazioni nel trasporto pubblico per gli studenti universitari bresciani

Grazie ai tavoli di concerto tra studenti università e amministrazione pubblica come rappresentanti abbiamo ottenuto diverse agevolazioni per l'accesso al trasporto pubblico per gli studenti universitari.
In particolare il merito di queste nuove offerte va ascritto a Matteo Giacomini che insieme a me partecipa al tavolo con Brescia Sintesi nonché al tavolo delle Mobilità della Statale bresciana come rappresentante delle liste di sinistra Progetto Ingegneria e Studenti Per-UdU Brescia.

Augurando a tutti i nuovi e vecchi studenti universitari un buon anno accademico, ne approfitto per allegarvi di seguito il testo pervenutomi dalla presidente di Brescia Sintesi, Dott.ssa Giovanna Prandini, che ringrazio per la sua grande disponibilità.
Di seguito tutte le agevolazioni.




Il progetto Brescia.Città&Università per l’anno accademico 2011-2012 si presenta in una veste nuova e più articolata rispetto alle edizioni precedenti con riferimento sia ai contenuti sia agli strumenti che consentono l’informazione, l’attivazione e l’accesso ai servizi in convenzione.

Grazie al contributo del Comune di Brescia, lo studente universitario può ottenere la OMNIBUS CARD con i seguenti servizi fra loro cumulabili:
  • Abbonamento BICIMIA , senza obbligo di cauzione.
  • Abbonamento ai BUS Brescia Trasporti con sconto 50% per le matricole
  • Acquisto dei carnet BUS Brescia Trasporti a condizioni di favore
  • Abbonamento BUS Brescia Trasporti per la Linea 18 con collegamento del centro ai parcheggi di interscambio IVECO e CASTELLINI.
  • Abbonamento ai parcheggi APOLLONIO e GOITO, con sconto 50%.
  • Abbonamento al parcheggio FOSSA BAGNI, con sconto 50%.
  • Prepagamento dei parcometri cittadini.
  • Prepagamento dei parcheggi RANDACCIO e FOSSA BAGNI, con tessera di sconto del 33% sulle tariffe orarie (non cumulabile con lo sconto 50% della Park City Card riservata ai cittadini bresciani).
  • Abbonamento al Car Sharing, con sconto del 70% sulle tariffe d’uso della vettura.

Tutte le informazioni per l’adesione e l’attivazione dei servizi e abbonamenti in convenzione sono disponibili sul sito www.bresciamobilita.it sezione OPPORTUNITA’ , progetto BRESCIA.CITTA’&UNIVERSITA’.

Come usufruire delle convenzioni riservate
agli studenti universitari

Tessera Bicimia senza cauzione: l’abbonamento è richiedibile presso l’InfoBrescia (Piazza Loggia) esibendo un titolo attestante l’iscrizione universitaria ad una delle facoltà cittadine e compilando il modulo di contratto in ogni sua parte.
Gli studenti universitari godono dell’esenzione al versamento della cauzione di € 25,00, mentre è richiesta solo la somma di ricarica minima di € 5,00 per il pagamento degli eventuali noleggi della bicicletta accedenti i 45 minuti.

Abbonamento Parcheggio “Apollonio” o Parcheggio “Goito”
L’abbonamento è richiedibile presso l’InfoBrescia (Piazza Loggia), esibendo un titolo attestante l’iscrizione alle Facoltà di Economia e Giurisprudenza e Università Cattolica.
L’abbonamento è rilasciato al momento, previo pagamento dell’importo previsto di €104,00 per l’intero anno accademico 15/09/2011 – 31/05/2012 oppure in modalità frazionata ad €26,00 al bimestre.
Gli abbonamenti non costituiscono titolo di riserva del posto auto e sono previsti in quantitativo limitato a 100 unità complessive.

Abbonamento Parcheggio “Fossa Bagni”
Fino al raggiungimento di un massimo di 30 unità sono disponibili gli abbonamenti al parcheggio interrato di Fossa Bagni, ad una tariffa speciale di 25,00 euro al mese anziché 50,00 euro al mese .

Tessera prepagata per parcheggi Fossa Bagni e Randaccio
E’ riconosciuto agli studenti universitari uno sconto del 33% sulla tariffa della sosta oraria del parcheggi Fossa Bagni e Randaccio.
La precarica del valore di 10,20,30 euro puo’ essere fatta anche sulla OMNIBUS CARD presso i parcheggi Fossa Bagni e Randaccio.
Lo sconto del 33% NON E’ CUMULABILE con lo sconto 50% della Park City Card riservata ai cittadini bresciani.

Abbonamento 50 o 100 corse Bus: l’Abbonamento è acquistabile presso la Cassa di Bresciatrasporti (Via S.Donino, 30) e l’InfoBrescia (Piazza Loggia) e va caricato sulla tessera personale Omnibus Card, che funge da “contenitore” del profilo di abbonamento prescelto.
La tessera personale Omnibus Card va richiesta, presso i suddetti punti, esibendo una fototessera e versando € 5,00 quale cauzione.
Una volta ottenuta la propria tessera personale Omnibus Card, rilasciabile in pochi minuti, sarà possibile acquistare e caricare sulla medesima il profilo di abbonamento prescelto e pertanto, per quanto riguarda la speciale promozione riservata agli studenti in possesso di un titolo attestante l’iscrizione universitaria ad una delle facoltà cittadine:

Per la Zona 1
  • profilo di 50 corse con validità di 3 mesi a decorrere dalla data di acquisto del profilo di abbonamento al costo di € 42,00;
  • profilo di 50 corse con validità 6 mesi a decorrere dalla data di acquisto del profilo di abbonamento al costo di € 48,00;
  • profilo di 100 corse con validità 9 mesi a decorrere dalla data di acquisto del profilo di abbonamento al costo di € 78,00;
Per la Zona 1+2
  • profilo di 50 corse con validità di 3 mesi a decorrere dalla data di acquisto del profilo di abbonamento al costo di € 54,00;
  • profilo di 50 corse con validità 6 mesi a decorrere dalla data di acquisto del profilo di abbonamento al costo di € 60,00;
  • profilo di 100 corse con validità 9 mesi a decorrere dalla data di acquisto del profilo di abbonamento al costo di € 102,00.

Abbonamento Studenti scontato del 50% per le matricole: per quest’anno le matricole delle Università cittadine potranno stipulare un vantaggiosissimo abbonamento annuale Studenti, con validità dal 1 settembre al 31 agosto, a cui viene applicato uno sconto del 50% sul prezzo nominale, pagando pertanto € 126,00 se relativo alla Zona 1 o €198,00 se relativo alla Zona 1+2 anziché, rispettivamente, € 252,00 o € 396,00.
L’Abbonamento è acquistabile presso la Cassa di Brescia Trasporti (Via S.Donino, 30) e l’InfoBrescia (Piazza Loggia) esibendo una certificazione di iscrizione al 1° anno o altro documento comprovante tale condizione, rilasciato o convalidato dal proprio ateneo.
Ricordiamo che, anche in questo caso, l’abbonamento va caricato sulla tessera personale Omnibus Card, che funge sempre da “contenitore” del profilo di abbonamento prescelto.
La tessera personale Omnibus Card va richiesta, presso i suddetti punti, esibendo una fototessera e versando € 5,00 quale cauzione.

Abbonamento Linea 18: è inoltre possibile effettuare, disponibile per tutti, il particolare abbonamento della Linea 18 che, per soli 12 Euro al mese, consente i collegamenti fra il centro ed i parcheggi di interscambio gratuiti Castellini e P.le Beccaria (Iveco). Gli autobus della linea 18 hanno una frequenza di circa 10 minuti dalle 7.30 alle 19.40 dal lunedì al sabato.
L’abbonamento è acquistabile presso tutti i punti di ricarica abbonamenti e va caricato sulla tessera personale Omnibus Card.

Abbonamento scontato al “Car Sharing”: gli studenti universitari possono inoltre sottoscrivere l’abbonamento anche al “Car sharing Brescia – L’auto quando serve”, il nuovo servizio di condivisione dell’automobile, con uno speciale sconto del 70% sulle tariffe di viaggio.
A disposizione 8 auto parcheggiate in 4 punti diversi della città.
Per iscrizioni e informazioni - Gestore del servizio:
Muovosviluppo, Corso Magenta 51 – Brescia -Telefono 030.2053573
www.carsharingbrescia.it -info@carsharingbrescia.it

lunedì 12 settembre 2011

I primi screenshot del nuovo portale dell'ateneo cittadino

Qualche mese fa avevo scritto su questo blog un lungo articolo sull'appalto per il nuovo sito dell'ateneo bresciano e relativi costi.

Sono passati oltre 2 mesi, e nonostante non sia stato ancora divulgato alcunché oggi sono entrato in possesso di alcuni screenshot e ho potuto navigare un po' sul nuovo progetto.

Come normale che sia quello che mi si è presentato davanti è un lavoro ancora lontano dall'essere completo, ma lo scheletro - e qualcosa in più - sono già presenti e ci permettono di capire quale è stata la strada seguita dagli sviluppatori e quindi di sbilanciarci nei primi commenti.

Non si può che iniziare riconoscendo che gli sviluppatori del CINECA hanno fatto davvero un bel lavoro: pulito, ordinato e ben strutturato.
Per chi, come me, è abituato all'attuale portale dell'ateneo quello che abbiamo davanti è un enorme balzo in avanti in fatto di user-friendly.
Ad una prima veloce visita, ogni voce sembrerebbe essere dove uno si aspetta di trovarla. Possiamo quindi dire addio ai mille giri seguendo link astrusi solo per arrivare ad una pagina di cui necessitiamo.

Ma partiamo dalla Home Page. Come detto è davvero ben ordinata, e fin dal primo approccio abbiamo una seria, ed efficace, suddivisione delle sezioni.
In particolare sono da notare la sezione "Futuro studente" ed "International students", due ambiti sui quali l'attuale Rettore Prof. Sergio Pecorelli ha puntato molto e non a torto. Con il nuovo portale l'ateneo bresciano si dota di uno strumento per sponsorizzarsi nel paese e all'estero. In particolare nelle due sezioni si possono trovare alcuni consigli ed indicazioni per intraprendere la carriera accademica a Brescia oltreché alcune informazioni sui servizi accessori -ristorazione, alloggi e addirittura una pagina per la vita universitaria.  Innovazione interessante, e da tempo attesa, è l'introduzione di contenuti in lingua inglese, requisito fondamentale per ogni ente che desideri aprirsi oltre i confini nazionali.



Per chi invece già studia presso l'ateneo bresciano gli sviluppatori del CINECA hanno avuto un occhio particolare.
La sezione per gli studenti è completa ed ordinata, e permette in pochi passaggi di arrivare a qualunque servizio si necessiti. Dallo stampare il bollettino MAV alla webmail fino agli orari delle lezioni, adesso tutto risulta molto più chiaro ed immediato.
Già dalla homepage abbiamo un link diretto per gli studenti che va poi ad aprire una nuova pagina dalla quale è possibile accedere a tutte le informazioni di cui uno studente può aver bisogno.








E se necessitassimo di informazioni su proposte didattiche post laurea non ci resta che cliccare su Didattica e tutta l'offerta formativa dell'Ateneo si aprirà d'innanzi a noi: dalle laurea triennali ai master passando le scuole di specializzazione e per le scuole di dottorato, tutto ciò è visualizzabile in una sola pagina.























In conclusione un lavoro davvero ben fatto e che lascia davvero ben sperare per il futuro.
Come già detto davvero un grande passo in avanti per l'Ateneo cittadino che finalmente si dota di una seria vetrina nel mondo del web.
E se il buongiorno si vede dal mattino allora mi azzardo anche a dire che ne è valsa la pena di aver speso oltre 100mila euro per questo nuovo portale.

domenica 11 settembre 2011

L'ultimo discorso di Allende

L'11 Settembre del 1973 un golpe militare appoggiato dagli Stati Uniti abbatteva il governo democratico di Salvator Allende.
Con il golpe terminavano tre anni di passione e di speranza per il Cile e tutto il Sud America. Si aprivano 17 anni di terrore e di disperazione sotto il pugno di Augusto Pinochet guidato dalla longa mano statunitense che oggi si fa portatrice di democrazia in giro per il mondo.
Un mese dopo, il 12 Ottobre dello stesso anno, su Rinascita usciva un lungo articolo dell'allora segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico Berlinguer, che in una ferma e lucida analisi degli avvenimenti tracciava i pericoli per la democrazia italiana. Potete leggere il suo articolo qui.

Di seguito invece il testo dell'ultimo discorso di Salvator Allende al popolo cileno trasmesso dalla radio nazionale.



“Sicuramente questa sarà l'ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l'ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell'Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!
Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.
Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l'ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l'imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.
Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.
Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all'allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l'obbligo di procedere.
Erano d'accordo. La storia li giudicherà.
Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.
Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.
Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore.
Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!
Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.
 
Santiago del Cile, 11 settembre 1973

sabato 10 settembre 2011

Ma cosa è realmente successo durante il test delle professioni sanitarie?

Nei giorni scorsi si sono aperte polemiche più o meno accese a causa del test per l'accesso alle professioni sanitarie tenuto presso l'ateneo bresciano.

Ma prima di spiegare cosa è successo, penso sia doveroso spiegare come avvengono questi test e come vengono estratte le domande.

Partiamo subito precisando che l'accesso è a numero programmato, cioè di anno in anno si stabiliscono quanti sono i posti necessari - quindi gli studenti da formare - per far si di poter in futuro soddisfare la richiesta senza eccedenza di tale mestiere. La differenza tra la programmazione del corso di Medicina e Chirurgia e di Odontoiatria rispetto a quello delle professioni sanitarie, è che quest'ultime hanno una programmazione su base regionale e non nazionale.
In altre parole per stimare il numero di studenti, ci si basa sul calcolo dell'attuale e futuro fabbisogno regionale e non nazionale, oltreché sulle capacità recettive delle strutture universitarie.

Qui vorrei aprire una parentesi sulla situazione bresciana. I distaccamenti dell'UniBS presenti a Mantova, Cremona e in alcuni paesi della provincia non sono dati da una megalomania bresciana, ma sono richiesti direttamente dalla regione per coprire il fabbisogno regionale. In passato questi distaccamenti davano punti negativi per la valutazione nazionale.

Ma tornando a noi, essendo il numero stabilito a livello regionale, la prova non è unica a livello nazionale - anche se si tengono tutti nella stessa data - ma i quesiti variano da ateneo ad ateneo. Quindi la famosa domanda sulla granita apparsa alla Sapienza di Roma a Brescia non era presente.
Questo perché ogni Ateneo costituisce una propria commissione valutatrice - quest'anno a Brescia presieduta dal Prof. Romanelli - che estrae in modo automatico le varie domande da un database locale. L'estrazione viene effettuata in modo automatico da un computer rispettando alcuni requisiti imposti dal ministero - numero di domande per ogni specifica area. Una volta estratte le domande, la commissione ne valuta la correttezza per evitare errori nelle risposte, dopodiché invia tali domande ad un'agenzia esterna che si occupa della stampa dei questionari.
La stampa non è un semplice procedimento di riproduzione delle domande, ma ad ogni stampata attraverso un algoritmo vengono randomizzate sia la posizione delle domande, sia l'ordinamento delle risposte alle singole domande. In questa fase ad ogni foglio diverso, viene associato un codice a barre identificativo al quale viene associata una stringa che ne permette la correzione automatica. Durante la fase di stampa i fogli vengono quindi numerati ed automaticamente imbustati cosi da evitare possibili brogli. Una volta stampati vengono conservati in cassaforte da parte dell'Ateneo cittadino e aperti solo all'inizio del test alla presenza di due studenti che debbono controllare e testimoniare come le buste non presentino segni di un'apertura precedente.
All'atto della distribuzione ad ogni studente viene assegnato il codice a barre presente sul proprio foglio evitando cosi una corrispondenza diretta tra codice e nome. Tale corrispondenza verrà poi effettuata solo successivamente alla correzione dei compiti e alla compilazione della graduatoria. In particolare la correzione avviene in forma automatica, quindi se ne occupa un lettore ottico che associa cosi in automatico il punteggio al codice senza alcun intervento umano. Tutto questo per diminuire quanto più possibile le possibilità di imbroglio. Inoltre negli ultimi anni l'ateneo cittadino ha preso la decisione di far effettuare il test all'interno del centro fiere bresciano, cosi da mettere tutti gli studenti in un'unica stanza e migliorarne il controllo.

Ma veniamo a quello che è successo giovedì scorso a Brescia.
Il problema è sorto durante la fase di stampa randomizzata. Su diversi fogli, presumibilmente a causa di un bug, alcune domande (4-5) non hanno avuto una corrispondenza con le risposte. Questo perché la serie delle risposte alla domanda è stata posta solo dopo altre 4-5 domande.

Corretto             Errato
A
rA
B
rB
C
rC
A
B
rB
C
rC
rA


L'errore era cosi palese che gli studenti se ne sono accorti dopo appena 10 minuti dall'inizio della prova comunicandolo subito alla commissione che ha provveduto a fermare il test - e relativo tempo che è poi stato fatto recuperare - per spiegare agli studenti l'errore accorso e di conseguenza annullare le domande che su alcuni fogli risultavano con una corrispondenza errata, facendo mettere il tutto a verbale.
In tal modo le domande coinvolte non verranno conteggiare nel calcolo finale del punteggio per stilare la classifica, permettendo cosi una valutazione identica per tutti gli studenti. Inoltre il tempo passato dall'inizio del test al momento in cui è stato segnalato l'errore è cosi poco che a mio modo di vedere difficilmente qualche studente è stato penalizzato da queste domande.

Comunque l'Ateneo cittadino si è già cautelato mandando una lettera all'azienda che si è occupata della stampa dei test dando per scontati eventuali ricorsi alla giustizia amministrativa.

Staremo a vedere

martedì 6 settembre 2011

[Satira] Insieme alla manovra arriva l'autunno


Il saluto a Mino Martinazzoli dei Giovani Democratici bresciani

Pur avendo letto qualcosa sulla vita di Mino Martinazzoli e sulla sua esperienza politica, mi rendo conto di non conoscere abbastanza l'uomo e il politico per poter esprimere un mio parere in merito.
E, a differenza di altri, mi rendo conto quando è meglio tacere piuttosto che parlare a sproposito o mettere giù le solite quattro parole che gira e rigira si usano quando viene a mancare una persona della statura di Martinazzoli. Per questo motivo, in ricordo di Mino Martinazzoli, mi limiterò a postare il comunicato redatto da Giulia Zambolin, segretaria del Circolo cittadino dei Giovani Democratici.


«Il nostro è ormai un Paese senza. Senza politica, senza morale, senza pensiero. Una volta si diceva che gli uomini passano e le idee restano. Oggi al contrario le idee passano e gli uomini restano. L’unica scommessa che si può fare è sui giovani. È da lì che possono nascere nuove elaborazioni e nuovi impegni »
Sono riflessioni di Mino Martinazzoli, un grande politico che purtroppo non c’è più. Un politico vero, onesto, capace di pensieri alti e di parole semplici.
Come Giovani Democratici della città di Brescia ci piace ricordarlo così, sentendo sulle nostre spalle l’onere e l’onore dell’immensa eredità che questo “Strano Democristiano” ci ha lasciato.
Con la morte di Mino Martinazzoli la nostra città ha perso una grande guida, un esempio di quei valori che, anche e soprattutto oggi, la politica dovrebbe incarnare, al di là delle appartenenze e delle convinzioni.
Ora tocca a noi, che alla vita politica ci siamo appena affacciati, metterci in gioco affinchè questi insegnamenti non vadano perduti.
Perchè vogliamo che questo “Paese senza” diventi un “Paese con”: un Paese con una politica vera, alta e semplice allo stesso tempo, che sappia farsi interprete reale di questo momento drammatico un Paese con una morale, lontano dalle bassezze e dalle volgarità a cui si è pericolosamente assuefatto, un Paese con un pensiero, perchè la libertà della mente è il primo scalino verso la libertà e il progresso dell’intera società.
Nel raccogliere il tuo testimone ti salutiamo, Mino, impegnandoci affinchè la tua scommessa su di noi si trasformi in una scommessa vinta.

Circolo cittadino Giovani Democratici Città di Brescia

lunedì 5 settembre 2011

Appello di alcuni iscritti Pd per lo sciopero generale del 6 Settembre

Di seguito il documento sottoscritto da una settantina di iscritti Pd (primi firmatari Paolo Corsini e Paolo Pagani) a supporto dello sciopero generale indetto dalla CGIL per la giornata del 6 Settembre.


Noi, esponenti a vario titolo del Partito Democratico, il 6 settembre parteciperemo allo sciopero e alla manifestazione indetti dalla Cgil contro la nuova manovra del governo.
E’ una manovra sbagliata, iniqua e depressiva ( anche nella seconda versione), che fa pagare i costi della crisi alle categorie più deboli e agli enti locali, con conseguenze gravissime sui servizi sociali e territoriali ( il taglio confermato è, comunque, enorme).
Nella totale confusione hanno addirittura pensato ( per poi fare macchina indietro) di mettere in discussione il riscatto degli anni del servizio militare e dell’università.
Il Pd ha presentato una vera e propria contro manovra che sposta il carico sui ceti più abbienti, sugli evasori, su una serie di misure di sostegno alla crescita e allo sviluppo, sulla riduzione della spesa pubblica e sui tagli ai costi della politica.
Riteniamo che la mobilitazione dei lavoratori e della società sia essenziale perché in parlamento possano essere introdotte rilevanti modifiche, nel segno della giustizia e dell’equità sociali.
Lo sciopero del 6 settembre costituisce un rilevante contributo in questa direzione.
Per quanto siano comprensibili alcune obiezioni emerse all’interno del Pd, valutiamo più forti le ragioni, espresse anche da Bersani, di una partecipazione alla mobilitazione.
Nella manovra c’è una parte sul lavoro e sulla contrattazione che va contro il recente e positivo accordo tra le parte sociali in materia contrattuale, introducendo la derogabilità del contratto nazionale e fantomatici accordi aziendali che possono prevedere anche il licenziamento senza giusta causa.
E’ una nuova dimostrazione della irresponsabile strategia del governo che colpisce i diritti dei lavoratori e alimenta la divisione sindacale.
La lettera e lo spirito dell’accordo sindacale del 28 giugno vanno, invece, salvaguardati sia per il merito sia per il contributo alla costruzione di rapporti unitari tra i sindacati, fondamentali per avviare una nuova stagione economica e sociale che faccia uscire l’Italia dalla stagnazione a cui la stanno condannando la Destra e la Lega.
Per tutte queste regioni auspichiamo una grande partecipazione allo sciopero del 6 settembre.



Per leggere la versione con tutti i firmatari clicca qui

Anche in guerra si può scegliere


"In Italia c'era quasi una guerra civile. Se me l'avessero ordinato, avrei ucciso. Per fortuna non è mai successo, e non ho mai pensato fosse una via d'uscita" Cesare Battisti
Sono queste alcune delle parole che il leader dei Pac ha rilasciato ad un giornale brasiliano in questi giorni e che sono poi state riprese dalla versione online di La Repubblica.
Battisti giustifica il ricorso alla violenza e all'assassinio con la presenza di una guerra civile in corso in quegli anni nel nostro paese.
E non si può dargli torto. Non sul ricorso alla violenza, ma quanto sulla presenza in quegli anni di una vera guerra civile, fatta non solo con le armi. 
Erano anni difficili e pericolosi, anni che la stessa Brescia ha ben impressi nella propria memoria storica, anni di bombe e di stragi di destra e attentati di sinistra. Erano gli anni delle stragi di stato e delle interferenze dei servizi segreti stranieri con i quali so progettavano e si millantavano golpe militari e reazionari. 
Era un periodo di contrapposizione anche ideologica con i due blocchi - l'est e l'ovest - che guidavano più o meno direttamente tutte le trame del belpaese. 
Eppure non possiamo usare tutto ciò come giustificazione a chi uso la violenza. Dal terrorista rosso a quello di stato passando per i terroristi neri. 
Anche in guerra l'essere umano ha la facoltà  scegliere, di decidere da che parte stare. In guerra l'uomo ha il dovere di chiamarsi fuori, di fermarsi e di pensare. 
Di pensare che la strada della violenza non porta a nulla, che quella intrapresa non era la strada giusta, e che il fuoco non si spegne con il fuoco. La violenza dello stato, o dei suoi organi deviati, non può giustificare quello che è stato fatto nel nome delle più diverse ideologie. 
Ma sopratutto avrebbe - e non solo lui - dovuto fermarsi a pensare e ad osservare tutta quella moltitudine di persone che ogni giorno portavano avanti la propria protesta e la propria lotta contro un mondo che volevano cambiare. Una lotta pacifica, fatta di ideali e di impegno e non di pistole o di bombe. 
Ma le bombe e le pistole possono coprire le proprie insicurezze, le proprie debolezze, la strada della non violenza no. La non violenza ti obbliga al confronto, a metterti in discussione, atto troppo difficile per i deboli. 

Ed oggi queste sue frasi non possono che essere lette come l'ennesima ricerca di una giustificazione morale a questa sua debolezza che non gli ha permesso di fermarsi e di ragionare quando avrebbe dovuto.