lunedì 31 ottobre 2011

Un voto dettato dalla coerenza

Ho già trattato in un altro post dell'ultimo Senato Accademico dell'Ateneo bresciano, illustrandone i cambiamenti strutturali in alcuni servizi agli studenti.

Oggi vorrei ritornare su quello stesso Senato, perchè oltre al punto già trattato si è discusso di molto altro altro, tra cui i nuovi Regolamenti didattici dei corsi di Studio dell'anno accademico 2011/12.
Una delibera particolarmente interessante per la presenza all'interno dei regolamenti didattici del requisito di voto minimo di laurea imposto per proseguire gli studi nella laurea magistrale.

Infatti è ormai da qualche anno che per accedere ai corsi magistrali della facoltà di Economia dell'Ateneo bresciano è necessario aver ottenuto un voto di laurea pari o superiore ad minimo stabilito per regolamento - adesso fissato a 95/110 - o nell'eventual caso aver sostenuto con esito positivo un test.
A mio modo di vedere la facoltà attraverso un simile regolamento dichiara esplicitamente di laureare studenti che secondo il suo stesso giudizio non reputa in grado di proseguire negli studi accademici per acquisire la laurea di secondo livello. Mi domando dunque come possa affermare di preparare studenti in grado di immergersi nel mondo del lavoro se essa stessa non li reputa idonei al proseguimento degli studi. Due attività che debbono necessariamente reggersi su quanto appreso durante il primo ciclo di studi universitari. Pensare che il mondo lavorativo richieda meno conoscenze per proseguire nel mondo degli studi vuol dire sottovalutare profondamente il mondo del lavoro e il compito stesso dell'istruzione universitaria nella società moderna.

Qualcuno potrebbe rispondermi che tale verifica viene imposta per legge dalla normativa 270 che non prevede più un percorso diretto tra le lauree triennali e le lauree magistrali. E' in parte vero e in parte falso. La normativa afferma che è dovere dell'Università verificare l'acquisizione delle conoscenze di base da parte dei candidati che aspirino a frequentare i corsi magistrali. Non dice però che sia necessario un punteggio minimo o una valutazione per verificare tali requisiti.
La normativa infatti richiede esclusivamente che vengano posti dei requisiti sulle tipologie di credito che il candidato deve aver necessariamente aver acquisito per proseguire in quel determinato percorso di studi.
Per questi motivi sono contrario ad un regolamento che impone una verifica che si basi sul voto minimo degli studenti che la stessa facoltà ha formato e che quindi ha ritenuto idonei. In caso contrario dobbiamo prendere atto che la Facoltà di Economia di Brescia promuove studenti nei vari esami senza che siano realmente preparati e possessori delle conoscenze minime della materia.

Discorso diverso faccio per gli studenti che nel passaggio tra laurea triennale e laurea magistrale decidono di effettuare un cambio di Ateneo. In questo caso condivido l'impostazione che sia necessario una valutazione, oltreché sui crediti, anche nel merito delle conoscenze acquisite. Ma in tal caso, tale valutazione non potrebbe esser fatta basandosi su un voto di laurea, ma esclusivamente attraverso un colloquio con l'aspirante studente per verificarne l'idoneità. Linea questa attuata dalla Facoltà di Ingegneria dello stesso ateneo.

Questi ragionamenti mi hanno portato venerdì, come accaduto più di un anno fa, ad esprimere il mio dissenso rispetto a questa scelta politica.
Una questione di coerenza e di coscienza che ha fatto si che fossi l'unico tra i senatori presenti ad esprimere voto contrario all'approvazione dei regolamenti didattici della Facoltà di Economia.


Segue l'Ordine del Giorno del Senato Accademico del 28 Ottobre 2011

-Approvazione del verbale della seduta del 13 Settembre 2011
-Comunicazioni del Rettore
-Regolamento per il conferimento del titolo di professore emerito e di professore onorario
-Cedisu e Biblioteche di Facoltà - richiesta parere (trattato qui)
-Facoltà di Economia - Regolamenti didattici
-Facoltà di Medicina - Regolamenti didattici di: tecniche di laboratorio biomedico, fisioterapista, tecniche della riabilitazione psichiatrica, infermieristica, scienze infermieristiche e ostetriche
-Provvedimenti per i corsi Master e i Corsi di perfezionamento
-Approvazione modifiche di Statuto del Consorzio Cineca
-Esame Convenzioni
-Provvedimenti per il personale
-Provvedimenti per gli studenti
Varie ed eventuali

Tutti i punti - ad eccezione di quello sopra esposto - si sono conclusi con l'approvazione all'unanimità

Diamo qualche numero

Con la convention della Leopolda sembra essere esplosa la questione giovanile. Tutti a parlarne bene, anche chi probabilmente ne conosce ben poco e si muove sulle ali dell'entusiasmo di quest'ultima kermesse.
Per renderci conto della situazione bresciana, diamo un po' i numeri, della situazione generale, per poi scendere nel particolare del Partito Democratico dove si è aperta questo titanico confronto.

Consiglio Comunale
Età media: 49,58 (47 naz)
Età max: 67 Francesconi (Lega Nord)
Età min: 29 Manzoni (Pd), Fornasari (PdL), Recupero (Misto)

Partito Democratico in Loggia
Età media: 51,58
Età max: 65 Rebecchi
Età min: 29 Manzoni

*Con ben 3 63nni: Boifava, Bragaglio, Gaffurini


Consiglio provinciale
Età media: 49,35 (47 naz)
Età max: 65 Peli (Pd)
Età min: 26 Poli (PdL)

Partito Democratico in Broletto
Età media: 49,33
Età max: 65 Peli
Età min: 38 Cammarata


Per le strutture superiori darò i dati dei soli eletti del Partito Democratico

Consiglio Regionale

Ferrari 50
Girelli 49

Camera dei Deputati
Ferrari 60
Corsini 64

Senato della Repubblica
Galperti 52



Che ognuno tragga le proprie conclusioni.
Per chi fosse interessato ad ulteriori dati, può trovare tutte le informazioni qui

domenica 30 ottobre 2011

[Sguardo dal passato] Gramsci e la questione giovanile

I due brani che seguono sono estrapolati da i "Quaderni dal carcere" di Antonio Gramsci.
Entrambi trattano la questione giovanile legata analizzando il contrasto tra le giovani forze dirigenti che tendono a ribellarsi alla vecchia classe dirigente.
Termino qui, senza far alcun commento, per lasciar l'opportunità a ciascuno di leggere per conto proprio e farsi una propria idea di quanto scritto da Gramsci.
So già che ci saranno trinariciuti che non sapranno resistere dal criticare il mio riferimento a Gramsci ed i suoi scritti. Ma dopotutto il mondo è bello perché vario.

"Una generazione può essere giudicata dallo stesso giudizio che essa dà della generazione precedente, un periodo storico dal suo stesso modo di considerare il periodo da cui è stato preceduto. Una generazione che deprime la generazione precedente, che non riesce a vederne le grandezze e il significato necessario, non può che essere meschina e senza fiducia in se stessa, anche se assume pose gladiatorie e smania per la grandezza. È il solito rapporto tra il grande uomo e il cameriere.
Fare il deserto per emergere e distinguersi.
Una generazione vitale e forte, che si propone di lavorare e di affermarsi, tende invece a sopravalutare la generazione precedente perché la propria energia le dà la sicurezza che andrà anche più oltre; semplicemente vegetare è già superamento di ciò che è dipinto come morto.
Si rimprovera al passato di non aver compiuto il compito del presente: come sarebbe più comodo se i genitori avessero già fatto il lavoro dei figli. Nella svalutazione del passato è implicita una giustificazione della nullità del presente: chissà cosa avremmo fatto noi se i nostri genitori avessero fatto questo e quest’altro… ma essi non l’hanno fatto e, quindi, noi non abbiamo fatto nulla di più.
Una soffitta su un pianterreno è meno soffitta di quella sul decimo o trentesimo piano? Una generazione che sa far solo soffitte si lamenta che i predecessori non abbiano già costruito palazzi di dieci o trenta piani. Dite di esser capaci di costruire cattedrali, ma non siete capaci che di costruire soffitte.”

Quaderno 8 Paragrafo 17
 - · - · - · - · - · - · - · -
"Esistono molte «quistioni» dei giovani. Due mi sembrano specialmente importanti: 1°) La generazione «anziana» compie sempre l’educazione dei «giovani»; ci sarà conflitto, discordia ecc. ma si tratta di fenomeni superficiali, inerenti a ogni opera educativa e di raffrenamento, almeno che non si tratti di interferenze di classe, cioè i «giovani» (o una parte cospicua di essi) della classe dirigente (intesa nel senso píú largo, non solo economico, ma politico-morale) si ribellano e passano alla classe progressiva che è diventata storicamente capace di prendere il potere: ma in questo caso si tratta di «giovani» che dalla direzione degli «anziani» di una classe passano alla direzione degli «anziani» di un’altra classe: in ogni caso rimane la subordinazione reale dei «giovani» agli «anziani» come generazione, pur con le differenze di temperamento e di vivacità su ricordate; 2°) Quando il fenomeno assume un carattere cosidetto «nazionale», cioè non appare apertamente l’interferenza di classe, allora la quistione si complica e diventa caotica. I «giovani» sono in istato di ribellione permanente, perché persistono le cause profonde di essa, senza che ne sia permessa l’analisi, la critica e il superamento (non concettuale e astratto, ma storico e reale); gli «anziani» dominano di fatto, ma… «après moi le déluge», non riescono a educare i giovani, a prepararli alla successione. Perché? Ciò signífica che esistono tutte le condizioni perché gli «anziani» di un’altra classe debbano dirigere questi giovani, senza che possano farlo per ragioni estrinseche di compressione politico-militare. La lotta, di cui si sono soffocate le espressioni esterne normali, si attacca come una cancrena dissolvente alla struttura della vecchia classe, debilitandola e imputridendola: assume forme morbose, di misticismo, di sensualismo, di indifferenza morale, di degenerazioni patologiche psichiche e fisiche ecc. La vecchia struttura non contiene e non riesce a dare soddisfazione alle esigenze nuove: la disoccupazione permanente o semipermanente dei cosi detti intellettuali è uno dei fenomeni tipici di questa insufficienza, che assume carattere aspro per i piú giovani, in quanto non lascia «orizzonti aperti». D’altronde questa situazione porta ai «quadri chiusi» di carattere feudale-militare, cioè inacerbisce essa stessa i problemi che non sa risolvere."

sabato 29 ottobre 2011

Nuova vittoria in università

Ogni studente della Statale sarà considerato tale indipendentemente dalla struttura d'ateneo in cui si trovi.

Ho deciso di aprire cosi questo intervento perché ad un osservatore esterno questa potrebbe sembrare una banalità, eppure fino alla giornata di ieri questo era tutto tranne che un'affermazione scontata.
Quello a cui si è assistito fino ad ieri è stata una frammentazione su base di facoltà che divideva i servizi tra i propri studenti e quelli delle altre facoltà. Diventava cosi impossibile per gli studenti di Ingegneria accedere a dei servizi delle strutture di Economia e viceversa. Diventava cosi impossibile estendere la rete wi-fi nei locali del CEDISU perché essendo una struttura a parte non si sapeva chi avrebbe dovuto avere la responsabilità di tale rete. Un forte controsenso quando si propugna la libertà di accesso al sapere come dovrebbe fare un ateneo pubblico.

Da queste condizioni parte la battaglia che ho portato avanti per più di un anno alternando interventi in ambiti ufficiali - le sedute del Senato Accademico - con dialoghi a tutti i livelli con l'amministrazione universitaria.
In ogni occasione ribadivo la necessità di una integrazione dei servizi su base d'ateneo anziché di facoltà.
In particolare la mia azione si è concentrata sull'adozione di una rete wi-fi d'Ateneo anziché di facoltà, cosi come per il servizio bibliotecario. Due servizi che per lungo tempo sono risultati frammentati ed esclusivi delle rispettive facoltà.

La prima vittoria si è avuta qualche mese fa con l'estensione dell'accesso alla rete wi-fi a tutti gli studenti del'ateneo, la seconda si è avuta ieri, quando il Senato Accademico ha dato parere favorevole allo scioglimento delle varie biblioteche di facoltà per accorparle in un'unica entità d'Ateneo.

Delle vittorie che non sarebbero state tali senza l'ascolto e l'appoggio dato in prima persona dal Rettore Pecorelli a questa significativa battaglia. Per questo motivo da parte mia va un grande ringraziamento al Rettore e a tutta l'amministrazione dell'Ateneo cittadino che pazientemente mi ha ascoltato e ha saputo darmi consigli ed indicazioni. Da ieri tutta la cultura del nostro Ateneo sarà liberamente accessibile a tutti gli studenti bresciani.

Il prossimo passo, come affermato dallo stesso Rettore, non può che essere l'estensione di questi servizi a livello lombardo, cosi da permettere una sempre maggiore mobilità, ed accesso al sapere, degli studenti all'interno della Lombardia.

Di un chiarimento sul Pierangelo Ferrari

Dopo la pubblicazione del precedente post, in cui rispondevo ad alcuni passaggi di un post dell'onorevole Pierangelo Ferrari, mi sono arrivate diverse telefonate e messaggi da parte di amici e compagni.

Sarò sincero, inizialmente non ho dato peso a queste chiamate, sicuro che un blog come il mio difficilmente potrebbe risultare interessante per le alte sfere del Partito.
Solo dopo aver visto che il post in questione ha attirato molti lettori - ed è stato linkato anche su altri blog - ho deciso di riflettere sulle critiche mossemi da coloro che mi hanno contattato in forma privata.

Una riflessione che mi ha portato a compiere una personale autocritica non tanto sui contenuti - che ribadisco ed esporrò poi meglio - ma quanto sulla forma, che risulta a tratti viziata da una peculiarità giovanile com'è l''entusiasmo e il trasporto emotivo. Forma che per questo motivo può essere sicuramente da molti tacciata di  arroganza e da alcuni vista come attacco personale all'onorevole Ferrari. Da parte mia non può che essere testimonianza di quanto prenda a cuore la politica e l'impegno che io e i miei coetanei mettiamo all'interno del Partito Democratico e della sua giovanile. Si può forse criticare ad un giovane l'esuberanza e la franchezza anche quando questa vada a discapito di una forma politica? Io credo di no, penso che sia proprio in queste critiche il peggior sintomo di invecchiamento del Partito e della mentalità italiana.

Fatte queste premesse, veniamo dunque al motivo per cui scrivo questo secondo post: chiarire la mia posizione sull'onorevole Ferrari che sicuramente si è dimostrata ambigua nel precedente intervento per quanto sopra illustrato.

Personalmente apprezzo la presa di posizione di Ferrari in difesa della lettera dei tre boaresi - come lui stesso li definisce facendo un parallelismo con i protagonisti di un libro Adolfo Bioy Casares. Un apprezzamento ancora maggiore quando tale presa di posizione viene fatta in un clima di tensione perenne come quello che si respira ormai da mesi nel Partito Democratico.
Se da un lato gli va dato questo grande merito, a differenza di altri notabili del partito che hanno usato questa lettera per sferrare l'ennesimo attacco ad una generazione, dall'altro non posso che dirmi amareggiato di alcune sue prese di posizione.

Mi riferisco alla frase già sottolineata nel precedente post. L'onorevole Ferrari come molti altri cade nel tranello di vedere i giovani pronti ad uccidere a tutti i costi i vecchi - da qui l'ardito parallelo con il libro - per garantirsi un futuro.
E' una visione neogiovanilista - Renziana ed in parte di alcuni Civatiani - che considera giovani e nuovi solo coloro che sono disposti ad alzare la voce e a buttare via tutto, dagli ideali ai predecessori, senza fare alcuna distinzione, quasi che fossero un fardello troppo pesante con cui confrontarsi,  e da cui si ha paura di uscir sconfitti.
Sono giovani solo coloro che hanno il coraggio di affrontare questo rito di iniziazione quasi religioso, un nuovo dogma.

Convinzione questa che porta ad osservare tutto il mondo giovanile fuorché quello interno al partito considerato ormai corrotto e in attesa di cooptazione.
I giovani che fanno analisi politica in silenzio senza attaccare il notabile di turno, che lavorano per il Partito, che parlano con i propri coetanei non sono più considerati degni di una sensibilità politica perchè non sono pronti ad aggredire chi è più vecchio di loro. Andiamo a cercare nel giardino del vicino dove l'erba è sempre più verde, andiamo a cercare nel giardino dell'antipolitica.
Ecco costruita l'egemonia mediatica e culturale dei pochi, spesso neanche veramente giovani, sulla grande massa di chi poi giovane lo è veramente. La colpa della mia generazione è stata quella di aver lasciato fare. La colpa dei grandi è stata quella di credere che tutti i giovani siano cosi, e solo cosi si può essere giovani.
E' il grande tranello in cui anche l'onorevole Ferrari con molti altri è caduto, e che ha portato a confondere le istanze dei tre boaresi con le istanze di Renzi.


Per questi motivi il mio invito all'onorevole Ferrari rimane, sperando che egli possa coglierlo. Un invito che non vuol essere un affronto alla sua persona, anche se questa poteva essere la sensazione dettata dalla scrittura passionale.
Qualcuno l'ha chiamato confronto, io preferisco definirla una sfida.
Una sfida non con il sottoscritto, ma con il movimento giovanile. Una sfida positiva che viene lanciata da un giovane verso un parlamentare che ha avuto il coraggio di difendere il tema del ricambio generazionale, ma che ha dimostrato ancora una volta come nel Partito ci sia una visione distorta sui giovani e su quello che i giovani desiderano rappresentare.

venerdì 28 ottobre 2011

I giovani nel Pd bresciano - Risposta a Pierangelo Ferrari

Come ci si poteva aspettare, la lettera/documento inviata dai tre boaresi - cosi vengono chiamati Delbarba, Orlando e Scalvenzi - non ha mancato di suscitare polemiche ma sopratutto - sono sicuro fosse quest'ultimo l'insperato obbiettivo dei firmatari - riflessioni.
Ci rende partecipi di queste riflessioni il BresciaOggi in edicola dove si può leggere un lungo articolo dove i maggiori esponenti del Partito Democratico manifestano le loro sensazioni di fronte a questa presa di posizione.

Prese di posizione delle più varie che vanno dal pieno appoggio alla lettera, fino alle solite sterili polemiche dei vecchi che accusano i giovani di fare ciò solo per cercare una poltrona. Verrebbe da dire "Il solito" manco fossimo al bar sotto casa ad ordinare l'aperitivo.

Ma, a differenza di altre volte, vorrei soffermarmi sulle parole dell'onorevole Pierluigi Ferrari che per primo si è schierato a difesa dei tre firmatari e delle ragioni dei giovani: tranne di quelli del suo partito.
Ferrari dichiara sul suo blog «L´immagine del Pd è tuttora una foto di gruppo di fine Novecento. I giovani che hanno sensibilità politica stanno altrove: nei centri sociali, nelle associazioni parrocchiali e ambientaliste, nella frustrazione dell´astensionismo».
Debbo quindi dedurre che secondo l'onorevole Ferrari tutti i giovani che militano, anche spendendo di tasca propria perché non tutti prendono lo stipendio di un parlamentare, all'interno del Partito Democratico siano privi di qualunque sensibilità politica.
Sempre leggendo il blog di Ferrari debbo continuare a dedurre che qualunque giovane si impegni nel Partito Democratico lo fa solo per aspettare una cooptazione per raggiungere una qualche poltrona.

Conclusioni pesanti che cozzano contro la realtà che vive un giovani iscritto al Partito Democratico.
Non posso condividere le conclusioni imposteci dalle parole dell'onorevole. Chiunque abbia conosciuto il mondo giovanile interno al Partito Democratico non può che essere in disaccordo con quelle parole. Nel Partito Democratico, e nella sua giovanile, sono presenti tanti giovani validi e con una forte sensibilità politica.
Giovani che spesso si impegnano anche più dei propri coetanei degli ambienti citati da Ferrari, subendo al contempo anche l'umiliazione delle continue pacche sulle spalle da parte dei Dinosauri - di cui Ferrari sicuramente sa di far parte - che non mancano di ricordarti che devi sempre e comunque rimanere al tuo posto.

Non basta dar ragione a tre firmatari di una lettera - che condivido al 100% - per sentirsi dalla parte dei giovani, e, forse, pulirsi la coscienza.
Per parlare dei giovani è necessario frequentarli, informarsi di quanto fanno e cosa fanno. Con quella frase Ferrari ha dimostrato questa sua mancanza.

Per questo motivo invito l'onorevole Ferrari a presenziare - quando sarà libero dagli impegni di Onorevole - a qualche incontro e/o riflessione dei giovani del proprio partito. Sono sicuro che rimarrebbe favorevolmente impressionato e cambierebbe sicuramente il proprio giudizio su dove siano i giovani con la sensibilità politica.

EDIT:
un secondo post per chiarire alcuni posizioni espresse qui in modo passionale:
http://bresciaacolori.blogspot.com/2011/10/di-un-chiarimento-sul-pierangelo.html

giovedì 27 ottobre 2011

Quando i partiti lottizzano il pubblico

"‘O pesce fete d’a capa" (il pesce puzza dalla testa) è un proverbio campano molto utile per dare avvio - ed in conclusione per riassumere - ad un'analisi sulla malagestione dell'amministrazione pubblica.

Se per lungo tempo l'attacco alla Pubblica Amministrazione era prerogativa solo di alcuni settori, nell'ultimo periodo con l'avvento della crisi e la conseguente necessità di forti tagli, da tutte le parti si parla molto del costo e dell'inefficienza della Pubblica Amministrazione. Discussioni che si risolvono nell'invito ad un taglio generalizzato ai fondi per la pubblica amministrazione senza analizzare le varie professionalità e competenze presenti. Un taglio che si risolve a discapito di chi ben gestisce e di chi lavora all'interno degli uffici pubblici perché quest'ultimi non vengono valorizzati da dirigenti incapaci o disinteressati a svolgere il proprio lavoro per le resistenze politiche al cambiamento.
Ed è proprio qui che sta il problema. Un problema ben identificabile che va oltre quella distinzione che molti fanno tra privato e pubblico.

Infatti nella gestione dell'apparato pubblico sussiste sì un costo economico, che nella visione della classe dirigente nazionale è di secondo piano, ma sopratutto un costo politico. Non è un caso se i dirigenti delle imprese pubbliche siano tutti di nomina politica: è la conseguenza, e la causa, di quella lottizzazione dello stato da parte dei partiti denunciata già negli anni '80 da Enrico Berlinguer.
La conseguenza della lottizzazione dell'apparato statale è semplicemente l'impossibilità - e la mancanza di volontà - di rimuovere un dirigente incapace, perché ricopre quel ruolo non per le competenze personali ma per affinità politica. Chi gestione gli organi statali non risponde più al popolo, suo datore di lavoro, ma al politico che l'ha messo lì e che non ha alcun tornaconto a rimuoverlo finché si mostra fedele.

Non penso che sia necessario portare alcun esempio per supportare questa tesi essendo tutto questo sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni, ma farlo chiarirebbe certamente molti aspetti. Per rimanere nel caso bresciano e nelle più famose controllare:

Brescia Mobilità: Presidente Valerio Prignachi (ex assessore provinciale)
Brescia Sintesi: Presidente Giovanna Prandini (figlia di un ex senatore DC)
Brescia Trasporti: Presidente Andrea Gervasi (ex presidente di circoscrizione per il centro sinistra passato con il centrodestra alle ultime amministrative)


Fino al caso più emblematico di lottizzazione della cosa pubblica: l'ex assessore Orto (in quota UdC) dopo esser stato tagliato dalla giunta del sindaco Paroli è stato prima collocato nel CdA delle Autostrade Centropadane e poi successivamente - cosa di pochi giorni fa - è stato nominato vicepresidente della GESI. Guarda caso il presidente è un uomo della Lega dal luogo curriculum politico anziché di gestione d'impresa.

Ancora una volta i problemi sono gli stessi da 30 anni e sono le cause primarie dei problemi dell'Italia di oggi, ma ancora una volta la massa preferisce prendersela con il semplice impiegato - spesso semplice vittima del sistema - che con la più generale gestione del bene pubblico, perché la stessa mentalità della società italiana giustifica queste lottizzazioni.

mercoledì 26 ottobre 2011

Appello dell'UdU per il 17 Novembre

Siamo rappresentanti degli studenti degli organi collegiali ed accademici delle università di tutta Italia. Da Trento a Palermo svolgiamo il nostro compito tutti i giorni nei nostri atenei, nei consigli di amministrazione, nei senati accademici fino al Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari e al Consiglio Universitario Nazionale. Continuiamo a rappresentare gli studenti, a difendere quotidianamente i loro diritti nonostante la situazione drammatica che si vivere nei nostri atenei.
In un sistema in cui già uno studente su cinque degli aventi diritto ad una borsa non la riceveva per mancanza di finanziamenti, si è andato ad abbattere il taglio del 95% dei fondi nazionali per le borse di studio con l'esplosione in tutte le regioni del fenomeno tutto italiano degli idonei non beneficiari. Studenti che hanno diritto, secondo la Costituzione e la legge italiana, ad una borsa, ma che non la ricevono per i pochi fondi a disposizione. Dopo questi provvedimenti scellerati ora il Governo vuole dare il colpo definitivo al diritto allo studio approvando una nuova riforma che punta ad adeguare il numero degli studenti idonei alla borsa alle pochissime risorse rimaste, passando quindi dal taglio dei fondi al taglio degli studenti. Tramite l'inasprimento dei criteri richiesti per risultare idonei ad una borsa di studio, il Ministro Gelmini vuole ora tagliare il futuro di migliaia e migliaia di studenti che hanno l'unica colpa di non avere una situazione economica e sociale che gli permetta di mantenersi agli studi universitari.
La situazione nelle università è solo la punta dell'iceberg di una situazione drammatica per quello che riguarda la nostra generazione. Una generazione che nel corso degli anni si è trasformata dalla "generazione 1000 euro", alla "generazione stage non retribuito", per poi diventare la "generazione a cui è stato mangiato il futuro": dalle barriere sociali poste all'accesso all'istruzione, dal precariato alla disoccupazione giovanile tra le più alte d’Europa. Un futuro mangiato da una finanza internazionale che, cavalcando il neoliberismo, mette al centro l'economia del profitto e della produttività e non la dignità e l'importanza del lavoro e i diritti dei cittadini. Un futuro soprattutto mangiato da un Governo incapace di rispondere a tutto ciò e che non solo non investe in politiche sociali e istruzione, ma taglia milioni e milioni di euro, investendoli in grandi opere, spese militari e contributi alle università private che, da Costituzione, non dovrebbero pesare sul bilancio dello Stato.
Per queste ragioni e per dare una risposta alla grande partecipazione pacifica della manifestazione del 15 ottobre di Roma vogliamo essere in prima linea per costruire un grande movimento non violento che possa urlare alla politica, alla finanza, nelle università e nella società che: 'Vogliamo un mondo all'altezza dei sogni che abbiamo'.
Vogliamo istruzione e diritti, esigiamo il diritto al futuro, perché non vogliamo trovare un posto dentro a questa società, ma vogliamo ricostruire una  società nuova, paritaria e lontana dai meccanismi che hanno contraddistinto per decenni quella in cui, a fatica, sopravviviamo. Una nuova società che ponga le sue radici nell'istruzione pubblica e nei diritti, in cui per un giovane valga la pena avere un posto.
Crediamo che un'occasione unica per rilanciare il movimento e per riappropriarci del nostro futuro sia il 17 novembre, giornata mondiale per il diritto allo studio. Per questo chiediamo a tutta la nostra generazione, stanca di aspettare un tempo che non avrà mai, di scendere in piazza, insieme a noi, per un movimento non violento che possa urlare ai poteri forti: ' Vogliamo un mondo all'altezza dei sogni che abbiamo'. Non poi, non domani: ora.


Michele Orezzi Consigliere presso il Consiglio Nazionale Studenti Universitari

Orazio Puccio   Consigliere presso il Consiglio Nazionale Studenti Universitari e Consiglio Universitario Nazionale (Giunta di Presidenza)

Gianluca Scuccimarra Consigliere presso il Consiglio Nazionale Studenti Universitari (Ufficio di Presidenza), Consigliere CDA Università di Parma e Presidente CDS Università degli studi di Parma

Mauro Vecchietti Consigliere presso il Consiglio Nazionale Studenti Universitari, Presidente Commissione "Riforma dell'Organo" CNSU, Consigliere CDA Università di Urbino “Carlo Bo”
Marco Giobbi Presidente CDS Università Politecnica delle Marche- Ancona
Giovanni Caprini Consigliere CDA Università Politecnica delle Marche- Ancona
Carlo Cotichelli Senatore Accademico Università Politecnica delle Marche- Ancona
Giacomo Ferroni  Consigliere CDA ERSU Università Politecnica delle Marche- Ancona
Michel Cardito Consigliere CDA Università degli studi di Brescia
Francesco Inverici Consigliere CDA Università degli studi di Brescia
Matteo Domenighini Consigliere CDA Università degli studi di Brescia
Andrea Curcio Senatore Accademico Università degli studi di Brescia
Raffaele Serra Senatore Accademico Università Alma Mater Studiorum di Bologna
Marco Meloni  Senatore Accademico e Presidente CDS Università degli studi di Cagliari
Emanuele Loi Consigliere CDA Università degli studi di Cagliari
Matteo Quarantiello Consigliere CDA Università degli studi di Cagliari
Salvatore Senis Consigliere CDA Università degli studi di Cagliari
Mauro Deiana Senatore Accademico Università degli studi di Cagliari
Nicola Usala Senatore Accademico comp. integrata Università degli studi di Cagliari
Gianmario Pira Senatore Accademico comp. integrata Università degli studi di Cagliari
Sabrina Melas Senatore Accademico comp. integrata Università degli studi di Cagliari
Alessandro Deplano Senatore Accademico comp. integrata Università degli studi di Cagliari
Guido Anedda Rappresentante al CUS Università degli studi di Cagliari
Alice Marras Consigliere CDA ERSU Università degli studi di Cagliari
Enrico De Camillis Senatore Accademico Università degli  studi di Ferrara
Ludovico Rella Senatore Accademico Università degli  studi di Firenze
Alex Rebecchi Consigliere CTS (ERSU) Università degli  studi di Firenze
Gentjan Preci Consigliere CDA Università degli studi di Macerata
Marco Monaldi Senatore Accademico Università degli studi di Macerata
Matteo Mascara Rappresentante CUS Università degli studi di Macerata
Vincenzo Sciumbata Consigliere CDA Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Vittorio Saguatti Consigliere CDA Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Cristiano Di Gioia Senatore Accademico Università degli studi di Modena e Reggio Emilia
Giuseppe Sbrescia Senatore Accademico e Presidente CDS Università degli studi di Napoli “Parthenope”
Manlio Lomazzo Consigliere CDA Università degli studi di Napoli “Parthenope”
Gianluca Bruno Consigliere CDA Università degli studi di Napoli “Parthenope”
Carlo Palmieri Rappresentante CUS Università degli studi di Napoli “Parthenope”
Guido Pipola Rappresentane CDA ADISU Università degli studi di Napoli “Parthenope”
Michelangelo Messina CDA ADISU Università degli studi di Napoli “Parthenope”
Nicola D’Angelo Consigliere CDA Università degli studi di Napoli “Federico II”
Flora Frate Senatore Accademico Università degli studi di Napoli “Federico II”
Livia Donnici Consigliere CDA Università degli studi di Padova
Leone Cimetta Senatore Accademico Università degli studi di Padova
Elisa Castellorini Consigliere PPAA Università degli studi di Padova
Federico Nuzzo Presidente CDS Università degli studi di Palermo
Marco Sucameli Consigliere CDA Università degli studi di Palermo
Nelli Scilabra Senatore Accademico Università degli studi di Palermo
Ignazio Geraci Rappresentante CUS Università degli studi di Palermo
Filippo Perconti Consigliere CDA ERSU Università degli studi di Palermo
Lorenzo Pelagatti Consigliere CDA Università degli studi di Parma
Chiara Cavatorti Consigliere CDA Università degli studi di Parma
Flavio Mariani Senatore Accademico Università degli studi di Parma
Pietro Principalli Rappresentante CUS Università degli studi di Parma
Bernardo Caldarola Consigliere CDA Università degli studi di Pavia
Giovanni Ferma Consigliere CDA Università degli studi di Pavia
Alessandro Fiamberti Senatore Accademico Università degli studi di Pavia
Marta Mangiarotti Senatore Accademico Università degli studi di Pavia
Elena Botteon Senatore Accademico Università degli studi di Pavia
Fausto Minonne Rappresentante CUS Università degli studi di Pavia
Paolo Raineri Consigliere CDA EDISU Università degli studi di Pavia
Chiara Vispa Consigliere CDA EDISU Università degli studi di Pavia
Amabile Fazio Consigliere CDA Università degli studi di Perugia
Federico Fratini Senatore Accademico Università degli studi di Perugia
Leonardo Esposito Rappresentante EDISU Università degli studi di Perugia
Sebastiano Pirisi Rappresentante EDISU Università degli studi di Perugia
Giovanni Rubini Rappresentante EDISU Università degli studi di Perugia
Chiara Basile Consigliere CDA Politecnico di Torino
Alessandro D’Amico Consigliere CDA Università degli studi di Trento
Greta Chinellato Senatore Accademico Università degli studi di Trento
Stefano Paternò Presidente CDS Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”
Simone Fabrocile Senatore Accademico Università degli studi di Urbino “Carlo Bo”
Giorgio De Bin Senatore Accademico Università degli studi di Venezia “Ca’ Foscari”
Matteo Montagner Consigliere CDA ESU Università degli studi di Venezia “Ca’ Foscari”
Frank Maracchione Consigliere PPAA Università degli studi di Venezia “Ca’ Foscari”
Matteo Sambugaro Consigliere CDA Università degli studi di Verona

lunedì 24 ottobre 2011

Usare l'università come terreno di scontro tra correnti

Come molti sapranno tra meno di un mese si svolgeranno i vari congressi locali del PdL, e anche Brescia non fa eccezione.

La situazione è complicata e diversi analisti locali cercano di sviscerarla di tanto in tanto sui quotidiani bresciano.
Il dato fondamentale di questa vicenda, necessario per quanto segue, è sapere che la corrente che fa capo a Comunione e Liberazione ormai da qualche mese e in rotta con la corrente che fa invece capo al Ministro Mariastella Gelmini. Uno scontro senza esclusioni di colpi, tanto che dalle scaramucce locali si è addirittura trasferito a Roma e per la precisione all'interno del CNSU.

Il Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari, è il luogo dove si riuniscono studenti da tutta Italia eletti attraverso regolari elezioni studentesche. Questi studenti si riuniscono poi in diversi gruppi consiliari in base alla lista e agli ideali di appartenenza. In particolare anche qui, come negli atenei di tutto il nord Italia, sono presenti studenti appartenenti al movimento di Comunione e Liberazione.

Proprio attraverso questi studenti che Cl sta cercando di colpire la Gelmini. Se all'inizio del nuovo mandato del CNSU - estate 2010 - e durante tutto il percorso di approvazione della riforma Gelmini gli studenti di Cl avevano, se non supportato, non attaccato, la ministra, negli ultimi mesi sono stati proposti e votati diversi documenti ed ordini del giorno con la finalità di attaccare la Gelmini e la sua gestione del ministero dell'Università e della Ricerca.

Una presa di coscienza, se di questo si tratta, davvero strana data anche la coincidenza della stessa con l'inizio degli scontri congressuali.

Ancora una volta lo scontro tra correnti e notabili di partito investe le istituzioni e i compiti delle stesse. Non si prendono più posizioni in base alla propria coscienza, ma semplicemente seguendo una convenienza partitica. Giungere ad usare la propria funzione di rappresentante degli studenti nell'ottica di giochi di potere interni ad un partito, rappresenta bene il livello a cui è arrivata la società italiana e con essa la politica.

Come negli anni '80 la denuncia di Enrico Berlinguer sulla spartizione dello Stato da parte dei partiti e più attuale che mai.

domenica 23 ottobre 2011

Le piazze della città

Penso che i luoghi fondamentali di una città siano le sue piazze. Come non pensare a quel che rappresenta la piazza per una città?

Già per gli antichi greci essa era il punto di incontro della cittadinanza, non a caso i greci chiamavano la propria piazza principale con il nome di Agorà (da raccogliere, radunare).
Un luogo quindi dove la cittadinanza dovrebbe potersi ritrovare e discutere, nonché effettuare le proprie attività sociali ed economiche.

Una tradizione questa che fa parte del modello di vita occidentale, una moda che attraverso la civiltà romana e l'esperienza comunale italiana è pervenuta fino a noi.
Anche la nostra città non fa eccezione! Anzi forse la nostra città più di altre ha capito l'importanza stessa delle piazze, non delegando ad una sola di esse quell'essere centro della vita cittadina, ma costruendo più piazze ed assegnando ad ognuna di esse un proprio compito. Nascono cosi le varie piazze cittadine: piazza Paolo VI, piazza Loggia, piazza Mercato, piazza Vittoria, fino alla più recente piazzale Arnaldo.

Eppure solo l'ultima è ancora oggi considerata centro della vita bresciana.

Nel tempo abbiamo assistito allo spopolamento delle piazze cittadine a favore di altri luoghi fuori dal centro storico. Il loro spopolamento sembra quasi rappresentare quella virata verso l'individualismo liberista che ha messo in secondo piano il senso di comunità.
Oggi non è più la piazza centro di ritrovo dei cittadini - e dei bresciani in particolare - ma i locali chiusi da quattro mura quasi a voler rendere concreta quella separazione tra chi è dentro e chi è fuori.

Eppure le piazze cittadine sono tutt'altro che brutte. Per motivi universitari mi capita spesso di passare per Piazza Mercato, e nel breve periodo durante il quale hanno rimosso le bancarelle ho potuto apprezzare la vera bellezza di quella piazza, probabilmente poco capita dai miei concittadini.
Lo stesso senso di bellezza che mi ha colpito sabato sera quando, passeggiando con i miei amici, sono capitato in Piazza Paolo VI. Con l'espulsione delle macchine la piazza dei due duomi ha riacquistano una maestosità che nel tempo aveva perso. Lo spazio è ritornato ad essere spazio e i monumenti hanno ripreso la loro centralità per molto tempo rubata loro dalle macchine.
Peccato aver dovuto constatare la mancanza di vita e la chiusura di quasi tutti i bar a mezzanotte in punto.

Non è con questi metodi che potremmo nutrire speranza di rilancio del centro storico cittadino.


venerdì 21 ottobre 2011

Ripopolare Brescia

E' questa la provocazione che Aldo Cazzullo propone sull'editoriale del dorso bresciano del Corriere della Sera in edicola oggi.

A leggere il titolo le prime cose che vengono in mente sono il nostro sindaco Adriano Paroli e il suo progetto di portare Brescia ad ospitare 220mila abitanti. Eppure la provocazione di Cazzullo è molto più fine ed intellettuale.
Egli non si pone il problema della dimensione numerica, ma quando della dimensione culturale e sociale della città.
La ripopolazione culturale non passa dall'aumento del numero di cittadini (o almeno non necessariamente) quanto da un nuovo modo di vivere la propria città ed i suoi spazi. Una città che non sia più un dormitorio - come disegnato da alcune visioni capitalistiche ed individualistiche - ma un centro di socialità dove la gente possa incontrarsi e produrre cultura. Una crescita quindi di consapevolezza della comunità e non semplicemente una crescita numerica della comunità.

Due punti di vista che partono da due piani completamente diversi per arrivare a due conclusioni opposte.
In particolare quello che il famoso editorialista osserva è la sempre maggiore disaffezione e conseguente desertificazione del centro storico da parte dei propri abitanti. I bresciani. Una città è tale non solo per gli edifici che la adornano e la compongono, ma anche e soprattutto dall'insieme di cittadini che la vivono e ne rappresentano l'anima.
Un'anima, e qui sta l'innovazione del suo pensiero, che non cresce e si rafforza mandando via il diverso, ma che anzi del diverso di nutre, ma facendo rinascere lo spirito originario che dev'essere in grado di fondersi con il nuovo per creare originali esperienza di vita cittadina. E' quello che la Lega non vuole.
E' quindi necessaria la ricerca di un nuovo appeal per il centro storico che finora l'amministrazione comunale non ha effettuato, con le conseguenze che oggi tutti noi abbiamo davanti agli occhi un centro storico in stato di abbandono.
Un appeal che deve essere rilanciato e rivolto verso le nuove generazioni (le nuove famiglie, gli studenti, i giovani single) anche e soprattutto puntando su una nuova proposta culturale e sociale.

Riprendiamoci Brescia, non per mandare via gli extracomunitari che la abitano, ma per farla tornare a nuova vita. Parafrasando una famosa pubblicità, facciamo di Brescia una Grande Città e non una città grande.

martedì 18 ottobre 2011

Magliette come stracci e dignità sotto i tacchi

Quando scrivevo della linea di abbigliamento lanciata dall'UniBS facevo notare la mancanza di vetrine per l'esposizione dei modelli in vendita.

Adesso scopro che la vetrina l'hanno creata ad Ingegneria. Ma forse era meglio rimanere con il dubbio.


Non si possono attaccare delle magliette sopra la portineria come se fossero degli stracci ad asciugare.
Un minimo di dignità.


AGGIORNAMENTI:
ho provveduto a contattare il preside della facoltà di Ingegneria, Prof. Aldo Zenoni, che a seguito di ciò mi ha comunicato che si attiverà per ricercare insieme alle persone competenti uno spazio più decoroso per l'esposizione della linea d'abbigliamento

domenica 16 ottobre 2011

Delle responsabilità, sconfitte e vittorie del 15 Ottobre 2011

Degli scontri di ieri si sapeva da tempo - io stesso avevo avvertito degli amici che ieri sono stati a Roma - eppure nulla è stato fatto per evitarli o quanto meno marginalizzarli in una manifestazione che contava qualche centinaio di migliaia di persone davvero indignate.

Penso che fondamentalmente le responsabilità sono da individuare in due soggetti:
- il coordinamento nazionale per la manifestazione
- le forze dell'ordine.

Ma andiamo con ordine e spieghiamo le responsabilità di questi due soggetti.
Il coordinamento si è formato qualche mese fa per organizzare la manifestazione del 15 Ottobre in Italia. Ad esso hanno aderito forze politiche e sociali da tutta Italia. Fin da subito è apparso ben chiaro che alcune di queste realtà sociali proponevano di pianificare degli scontri di piazza con le forze dell'ordine e danneggiamenti nei confronti di edifici, cosa poi puntualmente organizzata e compiuta (è palese come gli scontri fossero stati ben organizzati e non sono stati frutto di rabbia ed improvvisazione). Fin dalle prime discussioni i soggetti pacifici che hanno aderito a tale coordinamento avrebbero dovuto marginalizzare queste istanze ed i loro portati. Non è stato fatto. Al contrario alcune sigle di importanza nazionale (ARCI, FIOM solo per citarne qualcuna) hanno contribuito a dare dignità politica a questi progetti, con le inevitabili conseguenze che si sono viste ieri. Sotto questo punto di vista mi domando come mai il coordinamento, conscio dei pianificati scontri in piazza, non abbia provveduto a creare un efficace servizio d'ordine ben riconoscibile come accadeva nelle vecchie manifestazioni sindacali.
La maggior responsabilità politica del coordinamento è quella di aver snaturato la caratteristica pacifica del movimento degli Indignatos accettando forze palesemente contrarie a questo ideale, con la conseguenza politica di aver messo in secondo piano le vere istanze politiche del movimento.

Troviamo poi responsabilità anche nelle forze dell'ordine. Come gli scontri erano a conoscenza del coordinamento lo erano anche alle forze di polizia. Responsabilità certamente non imputabili al giovane in divisa antisommossa - che poi puoi capitare che in mezzo alla confusione per disorientamento e per la frustrazione scarichi la propria rabbia contro il manifestante pacifico -, ma nei piani più alti delle forze di pubblica sicurezza, quelli che ieri avrebbero dovuto pianificare le modalità con cui impedire e/o reprimere i violenti. Nonostante tutti sapessero degli scontri sono stati fatti arrivare in piazza decine e decine di persone - i black bloc - vestiti da truppe speciali con caschi e mazze, senza effettuare alcun controllo. Ancora più blanda (è un eufemismo visto che non sono intervenute) è stata la reazione delle forze dell'ordine alle prime devastazioni compiute lungo il percorso dai violenti. Sono intervenute solo dopo ore quando si era ormai giunti in Piazza San Giovanni. Ed all'inizio anche con un numero insufficiente di agenti che secondo molte testimonianze si muovevano e agivano in completa confusione logistica ed organizzativa. E anche qui qualcosa puzza. Se si lascia una camionetta dei carabinieri assaltata dai manifestanti da sola, o si è degli incompetenti o si vuole che ci scappi il morto, meglio se tra le forze dell'ordine.
Infine mi domando come al solito la necessità di poliziotti in abiti borghesi non immediatamente riconoscibili anziché in divisa antisommossa come i loro colleghi.

E se ci sono dei soggetti responsabili ci sono anche dei soggetti sconfitti: gli indignatos, costituiti da molti cittadini normali confluiti a Roma da tutta Italia per manifestare la propria indignazione pacificamente, e la loro piattaforma politica; gli appartenenti alle forze dell'ordine mandate in strada allo sbaraglio a rischio a volte della propria incolumità fisica.

E come ci sono gli sconfitti ci sono i vincitori. Innanzitutto il governo italiano e il sistema economico neoliberista che oggi non vede mettere in discussione il proprio modello di sviluppo e la propria incompetenza.  Oggi i telegiornali sono troppo impegnati a parlare degli scontri per parlare dei motivi della protesta. Motivi che mettono al centro come colpevoli propri quei soggetti. Come al solito si usa ogni mezzo per distogliere l'attenzione dai veri motivi della protesta e del malessere nazionale ed internazionale. Oggi non si parla delle centinaia di persone che ieri hanno dimostrato pacificamente per richiedere una società migliore e delle loro proposte, ma solo del migliaio di violenti che hanno messo a ferro e fuoco la capitale italiana con la complicità dello Stato italiano. Ancora una volta la ricetta di Francesco Cossiga è stata messa in atto:
‎”Lasciarli fare. Ritirare le forze di polizia dalle strade e dalle università, infiltrare il movimento con agenti provocatori pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino i negozi, diano fuoco alle macchine e mettano a ferro e fuoco le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto di polizia e carabinieri.”
E se lo Stato ha il suo tornaconto, ieri in piazza anche le forze antiStato hanno avuto il loro successo. Queste forze antipolitiche anche ieri hanno trovato gli spazi per sfogare i propri istinti animaleschi e distruttivi a discapito di un movimento pacifico.

Termino con le parole di una signora, in piazza per manifestare, immortalata dal videoriassunto del Fatto Quotidiano
"O mi mette sotto il potente di turno o mi mettono sotto i violenti di turno, ci ho sempre qualcuno che mi mette sotto, non è che poi i violenti di turno sono meglio dei potenti di turno"

venerdì 14 ottobre 2011

E' colpa dei radicali o di noi stessi?

In questi minuti è stata votata la fiducia all'esecutivo governativo guidato da Berlusconi. Per l'ennesima volta la possibilità di far cadere il governo e con esso Silvio Berlusconi è sfumata mestamente nei numeri. Di contro ci possiamo consolare prendendo atto che il governo italiano è ormai ostaggio di diversi gruppi politici che agiscono guidati da soli scopi personali.

Ma se da una parte - centrodestra - è viva la soddisfazione per questa vittoria, dall'altra, tra gli elettori del centro sinistra, ritorna lo scoramento di vedere il proprio avversario sempre in sella seppur di un cavallo azzoppato.
Scoramento che inevitabilmente cerca un proprio capro espiatorio per scacciare da se ogni presa di responsabilità, nel caso ce ne siano.
In particolare fin dai momenti seguenti l'enunciazione del risultato (316 si contro 301 no) si sono scatenati su facebook i tanti elettori del Partito Democratico con commenti più o meno duri contro i 5 deputati radicali che sono entrati durante la prima chiamata aiutando cosi a raggiungere il numero legale.

Quello su cui dobbiamo però interrogarci è se sia realmente colpa dei radicali o non ci sia una più grave responsabilità a monte.
Propendo per questa seconda linea. Penso che la colpa di tutto ciò sia rilevabile in un soggetto con nome e cognome: Walter Veltroni.
Le sue manie di grandezza di un PD come partito inclusivo e autosufficiente ha portato nel 2008 ad includere nelle liste elettorali del Partito Democratico anche la truppa dei radicali di Bonino e Pannella.
Forse Veltroni - che ha seduto in parlamento per molti anni - non conosceva il modo di pensare e di agire dei radicali? Si era forse dimenticato di come hanno sempre predicato e agito i radicali in oltre 30 anni di presenza in parlamento?
Certo che no! Ma avrà pensato che tutto poteva essere messo a tacere di fronte alla necessità di un calcolo meramente elettorale - per di più errato - per tentare di imporre la sua visione di bipartitismo in un paese che da sempre non è avvezzo a queste configurazioni politiche.
Ancora una volta - semmai ne avessimo ancora bisogno - vediamo dimostrato come accordi che si fondano su meri calcoli elettorali, e senza una base politica, non possono che portare a tensioni e passi falsi.
Non è quindi colpa dei radicali, che hanno preso quello che Veltroni gli ha dato portandogli in dote una percentuale minima di voti, ma dello stesso Partito Democratico e dell'allora segretario che, ricordo, ancora oggi va in giro a spacciare la sua visione di partito senza rendersi conto di quanti danni ha fatto al centrosinistra italiano.

Chi è causa del suo mal pianga se stesso!

giovedì 13 ottobre 2011

L'UniBS e il Merchandising

Finalmente anche l'Università degli Studi di Brescia, sul modello delle principali università mondiali, ha anch'essa una sua linea di prodotti con il marchio UniBS.
Un momento atteso da molti, ed in particolare da coloro che hanno effettuato un'esperienza di studio all'estero, eppure ancora un volta il tutto viene fatto in maniera provinciale e dozzinale.

Al lancio la linea di prodotti è fortemente limitata e con un design per nulla originale, palesemente copiato da università ben più blasonate.
Quelli che non vengono invece copiati sono i prezzi della linea di abbigliamento. Oltre a risultare fuori mercato, essi in molti pari sono pari al doppio di quelli praticati in atenei ben più blasonati a livello mondiale.
A ciò si unisce che il lancio dell'iniziativa sia stata fatta esclusivamente online, senza avere l'accortezza di predisporre nelle facoltà dell'Ateneo e in altri punti di aggregazione studenteschi delle vetrine in cui far visionare gli articoli proposti.
Un lancio in sordina unito a prodotti dal design scadente e dai prezzi fuori mercato non può che far prevedere un totale fallimento per un'operazione che nella mente di molti studenti - e dei loro rappresentanti che più volte l'hanno sollecitata - sarebbe dovuta essere  pensata molto più in grande.

Per l'ennesima volta, anziché pensare ad instillare nelle menti degli studenti un senso di appartenenza e di devozione verso la propria Alma Mater, si è pensato al solo ritorno economico che può dare un'iniziativa del genere a discapito delle tasche degli studenti bresciani, che almeno a sentire i primi umori, non saranno disposti a sborsare le cifre richieste.



Un'altra occasione persa per l'Alma Mater di molti studenti bresciani per sdoganarsi dal proprio provincialismo.
Sarà per la prossima volta.

martedì 11 ottobre 2011

Pianificazione urbana-territoriale

Pubblico sul blog un bellissimo ed importante contributo di Alessio Coco, giovane studente di Architettura a Milano, che partendo dal Pgt da poco approvato in Consiglio Comunale compie una disamina sullo sviluppo urbano italiano degli ultimi 50 anni. Ringrazio Alessio per questa sua analisi sperando che possa essere la prima di una lunga serie.



Da pochi giorni è stato approvato il Piano di Governo del Territorio della nostra città e non sono mancate le polemiche riguardo alle modalità con cui è stato affrontato il tema: gli esponenti dell’opposizione hanno deciso di abbandonare il tavolo delle discussioni dal momento che, secondo loro, non sussistono più le condizioni per ragionare insieme alla maggioranza sul documento. In seguito alla Valutazione Ambientale Strategica sono stati bocciati alcuni ambiti di intervento, fra cui una possibilità edificatoria nei pressi dell’Alfa Acciai di San Polo. Se dunque da un lato, a seguito del parere negativo della V.A.S., sembra più logico che il Piano vada rivisitato, dall’altro la maggioranza ha deciso di non gettare al vento il lavoro iniziato ormai tre anni fa e ha approvato il documento. Non vorrei però entrare nel merito di questa polemica, quanto piuttosto sottolineare una riflessione comune sul tema della pianificazione urbana (e non a caso ho aggiunto anche il termine territoriale). La nostra città è infatti da alcuni decenni al centro di grandi osservazioni e dibattiti, che stanno trovando un risvolto pratico proprio in quest’ultimo decennio. Il progetto-simbolo delle amministrazioni, la metropolitana, previsto ancora dal piano dell’arch. Benevolo degli anni 1972-’73 e ripreso con vigore alla fine degli anni ’80, sembra aver trovato oggi la sua manifestazione pratica e pone le basi per una crescita nei prossimi anni. E’ quindi nata una nuova dimensione urbana, o meglio, metropolitana? La città si sta proiettando al futuro e in questo suo viaggio sta cercando di raggiungere le altre metropoli italiane ed europee. Se da un lato questo aspetto è molto positivo, perché sembra superare una volta per tutte le radici del provincialismo, dall’altro però necessita di un controllo, per non cadere nell’errore che è stato commesso nelle maggiori metropoli italiane, dove è stata consumata una quantità di suolo tale da modificare notevolmente i margini urbani. Fino al primo dopoguerra, infatti, non esisteva pianificazione, almeno in Italia, mentre nelle metropoli europee (Londra, Parigi, Berlino, Amsterdam) già esistevano interi quartieri serviti da strade ferrate che hanno dettato in molti casi lo sviluppo della città. Proprio questo aspetto in Italia è mancato: la pianificazione ha spesso dovuto fare i conti con amministrazioni inefficienti, incapaci di mettere in pratica i disegni urbani e architettonici, favorendo così il proliferare di villaggi dispersi (nei casi più fortunati) o episodi di abusivismo (nei casi meno fortunati), che non hanno seguito certamente criteri ordinatori, né tantomeno le infrastrutture pre-esistenti. La metropoli italiana si è quindi costruita partendo dal fenomeno della dispersione edilizia, e Brescia da questo punto di vista rappresenta un grande esempio nell’opera marcoliniana. In altre città italiane (Milano, Torino, Roma, Napoli…) sono sorti nel secondo dopoguerra e negli anni del “boom economico” molti quartieri popolari, caratterizzati da architetture verticali. Brescia invece ha visto la nascita dei suddetti Villaggi Marcolini, esempi di architetture basse ma estese, ed ha incrementato notevolmente la popolazione fino al massimo storico del 1971 (210000 abitanti circa). Il nuovo Pgt vorrebbe in questo senso riproporre questa soglia, ma negli anni che stiamo vivendo mancano le condizioni sociali, economiche, ambientali e politiche perché ciò possa ripetersi. In quest’ottica quindi il nuovo Pgt rappresenta un documento forzato, che non tiene conto dell’odierna crescita molto lenta (o forse inesistente..), dei fenomeni che hanno portato ad una perdita di attrattività della nostra città ed in generale di tutte le città italiane. Sentiamo spesso dire che le nostre metropoli si stanno spopolando, nascono e si diffondono i cosiddetti quartieri-ghetto, proliferano gli episodi di degrado urbano e dismissione, ma qualcuno a mio avviso si dimentica una cosa molto semplice: il degrado non nasce da sé, ma viene creato. E quando vengono a mancare le condizioni che ho menzionato prima, quando gli aspetti economici arrivano a prevalere sugli aspetti sociali, ecco che sorgono quartieri in cui le fabbriche vengono abbandonate, i parchi pubblici si trasformano in centri di spaccio di stupefacenti, i centri storici vengono rapidamente trasformati in luoghi in cui è pericoloso camminare anche in pieno giorno. Questi fenomeni naturalmente non possono essere risolti attraverso dei manifesti propagandistici, né tantomeno attraverso un impiego massiccio di forze dell’ordine. Se non vengono effettuati programmi mirati allo sviluppo sociale, le nostre città saranno sempre meno attrattive, cresceranno i quartieri-dormitorio e non potranno che farlo sulla base dispersiva che ha finora dettato lo sviluppo urbano, a Brescia, così come in Italia. Rientrano in queste osservazioni gli aspetti più negativi del piano in approvazione: i piani di recupero delle aree industriali dismesse, iniziati con il Prg del 2004, non sono ancora stati portati a termine, che già vedono sorgere nuovi centri commerciali-direzionali, con le speculazioni del caso sempre dietro l’angolo. I servizi terziari, naturalmente, generano attrattività, ma allo stesso modo le abitazioni e i servizi sociali, se promossi nella direzione corretta incrementano la domanda stessa. Si nota dalle tavole del documento di Piano che, al contrario, vi sono poche aree destinate all’edilizia sociale, e gli interventi maggiori sono volti a densificare il cosiddetto “corridoio metro bus”, che con molta probabilità vedrà sorgere numerose attività commerciali-direzionali e limitate zone residenziali a canone agevolato. La situazione più strana spetta però all’area delle cave di San Polo, destinata in parte a nuove attività industriali (si parla di nuovi impianti produttivi e anche di una nuova discarica), in parte alla nuova “città dello sport” ed in parte ad insediamenti residenziali, dettati da una domanda privata piuttosto che dalla volontà di creare un piano-casa. La situazione sembra lasciare quindi poco spazio all’immaginazione: gli interventi tanto promessi per migliorare la qualità ambientale dell’area, fra le più inquinate della città, lasciano posto a tutto fuorchè a spazi verdi e di mediazione fra la città costruita e l’ambiente agrario a sud dell’autostrada. Nell’ottica delle politiche sociali, invece, un segnale positivo arriva dall’intervento che dovrebbe portare alla realizzazione del nuovo Campus universitario, in grado (nelle intenzioni) di attrarre nuova domanda e far ripartire il motore della crescita socio-culturale dell’area antica. Per entrare nello specifico, questo intervento sembra in grado di rivitalizzare il centro storico, anche se collocato in posizione leggermente decentrata e ha il pregio di recuperare un antico stabile militare rimasto finora abbandonato. Certamente per compiere interventi di questo tipo, ci vogliono disponibilità economiche al momento insufficienti, ma è proprio questo il motivo di fondo su cui bisognerebbe concentrare le attenzioni: basta spendere bene le risorse e si possono raggiungere i risultati di cui godono tutti i cittadini degli altri stati europei più avanzati. I grandi parchi, le infrastrutture efficienti, il benessere sociale può essere raggiunto anche in momenti non certo brillanti come il nostro, lasciando da parte una volta per tutte egoismi faziosi e impadronendosi di spirito di iniziativa.

lunedì 10 ottobre 2011

Solo i giovani possono salvare Brescia

Giorgio De Martin si sente rispondere picche. Si può riassumere con questa frase secca e diretta l'andazzo politico dell'ultima settimana nel centrosinistra bresciana.

Se dal canto suo il segretario cittadino del Pd aveva invitato tutte le realtà d'opposizione, partitiche e civiche, ad un tavolo di confronto in vista della corsa per la Loggia del 2013, dall'altra parte hanno cortesemente declinato l'invito, almeno per il momento.
Questo è quanto traspare dai giornali cittadini, dove in particolare le liste civiche hanno espresso pubblicamente il loro disagio rispetto ad un tavolo di confronto politico, chi nelle modalità, chi nei tempi.
Non possono quindi che far rumore sopratutto le dichiarazioni di Laura Castelletti, che guida la civica più influente di Brescia, che all'invito risponde con un duro attacco politico non solo sul tavolo di confronto ma sull'intero atteggiamento del Partito Democratico.

Il percorso non è quindi ancora iniziato che già si palesano le prime dighe a questo fondamentale percorso che dovrà cercare di portare alla vittoria la coalizione di centrosinistra alle amministrative 2013.
Ancora una volta divergenze politiche ed incomprensioni - antipatie - personali minano alla base un necessario confronto tra le varie realtà politiche bresciane. Un perseverare su questa strada porterà inevitabilmente ad un'ulteriore sconfitta che andrebbe a bissare quella subita durante le amministrative del 2008.

Ed è proprio per cambiare questa modalità di far politica che i giovani dovrebbero riappropriarsi della passione di far politica non per se, ma per il bene comune. Per questo motivo l'iniziativa di un tavolo under-30 di cui ho parlato nel precedente post è imprescindibile per il rilancio politico e culturale della nostra città.
La creazione di un tavolo di confronto e di una successiva proposta programmatica, non potrà che essere un pungolo per tutte le forze politiche cittadine che a quel punto non potranno più non tener conto della forza dirompente dei giovani e delle loro richieste.


Quindi una serie di proposte che possono essere riassunte in tre filoni: politica, organizzativa, generazionale.
Una proposta politica di una città pensata dai giovani per i giovani. Per il rilancio culturale ed economico di Brescia e del suo territorio è necessario ripensare la città in un'ottica più dinamica a livello sociale e culturale. Più spazi comuni, possibilità lavorative, maggior possibilità culturali, rispetto per l'ambiente. Sono questi i temi cardine sui quali i giovani d'oggi chiedono attenzione e sui quali hanno una grande capacità di analisi e di proposta.
Una nuova proposta organizzativa perchè i giovani dovrebbero richiedere a gran voce la messa da parte dei personalismi per una più proficua collaborazione tra l varie forze politiche che permetta la nascita di un progetto in grado di riportare il centrosinistra alla guida della città di Brescia. Ma al contempo anche nuove modalità di rappresentanza sul territorio e di rappresentanza diretta che permetta ai cittadini di esprimere in modo diretto la propria opinione sulle tematiche di maggior interesse collettivo. Solo attraverso una maggior presa di coscienza comune sui temi comuni si può ambire ad una maggiore sensibilizzazione civica della popolazione sul modello del nord europa.
Infine una nuova proposta generazionale per un ringiovanimento generale della politica cittadina. Ad oggi nel consiglio comunale cittadino sono presenti esclusivamente due rappresentanti delle nuove generazioni: Federico Manzoni e Mariachiara Fornasari. In un'ottica di mantenimento dello status quo del consiglio comunale e della contemporanea soppressione delle circoscrizioni gli ambiti di partecipazione politica per i giovani si ridurrebbero a numeri non accettabili.

E' cosi necessario che i giovani trovino il coraggio per prendere per mano il proprio futuro e diano una svolta alla vita cittadina e nazionale.

giovedì 6 ottobre 2011

I giovani per un centrosinistra bresciano


La corsa per la Loggia del 2013 sembra entrata nel vivo.
Battezza questa partenza il BresciaOggi con due articoli usciti nella sua edizione odierna dove si compie il punto sullo stato dei lavori all'interno del Partito Democratico e di altri partiti del centrosinistra bresciano.
Vengono illustrate le perplessità e le difficoltà che sembrano sorgere un po' da tutte le parti in gioco.
La Castelletti e la sua Brescia per Passione freddina, SeL che sembra stia mettendo in discussione un documento programmatico comune per le primarie, l'IdV che si sente chiusa dal Partito Democratico, che a sua volta gioca, come sempre, una sua partita interna tra le diverse anime del partito.

Ho già espresso le mie considerazioni sullo stato attuale e su quali sono secondo me le linee da seguire (Il nuovo ulivo a Brescia, Qualcosa di muove e Considerazione sulla Loggia 2013).

Ma i giovani?
Per l'ennesima volta si accoderanno ai notabili di partito svolgendo fedelmente la propria opera di galoppini o questa volta troveranno il coraggio di dire la propria? Proprio su questo tema vorrei lanciare una provocazione.

I giovani, da sempre avanguardia nella società, devono poter far sentire la propria voce e le proprie idee, necessità ancora più impellente in un clima come quello attuale. Ma per far ciò è necessaria la voglia di lavorare insieme senza alcun pregiudizio. Un confronto che sia anzitutto tra giovani e non tra appartenenti a varie realtà politiche. Solo prendendo coscienza di ciò i giovani, appartenenti alle varie realtà - partitiche, civiche, sociali -, potranno ambire ad anticipare quello che è nelle intenzioni degli adulti.
E' necessaria la voglia di osare per creare un tavolo di incontro tra e per i giovani, dal quale dovrebbe uscire un'unità di intenti sulla Brescia del futuro. Un'unità che dovrebbe concretizzarsi nella stesura di un documento programmatico in cui, oltre a farsi portavoce su come dovrà essere una città pensata dai giovani e per i giovani, ci si impegna a promuovere lo stesso presso i partiti politici del centrosinistra bresciano.
Cosi facendo i giovani mostrerebbero una forte maturità civile, oltreché politica, che gli consentirebbe di riprendersi le redini della propria città che li vede e li vedrà in futuro cittadini della nostra comunità.

lunedì 3 ottobre 2011

Lettera aperta al presidente Napolitano

Caro Presidente,
da cittadino italiano non posso che essere fiero e ringraziarla per le parole che ha speso in questi ultimi giorni per l'Italia e soprattutto contro quella idea ignobile che è la Padania.

Con poche semplici parole ci ha fatto sentire nuovamente orgogliosi di essere italiani e ci ha reso nuovamente pronti per ostacolare quell'idea malsana che è la secessione.
Ma se da una parte le sue parole sono viste come un salvagente in un mare in tempesta per noi italiani che abitiamo al nord, dall'altra parte non posso che dirmi amareggiato dalla sua mancata presenza nella città dove abito, Brescia, durante i festeggiamenti per questi 150 anni del nostro Stato. Una mancanza non solo sua, sia ben chiaro, ma di molti altri Presidenti della Repubblica che l'hanno preceduta e che da anni non visitano la Leonessa d'Italia.
Eppure Brescia ha sempre segnato la storia italiana fin dal Risorgimento nazionale accompagnando e soffrendo insieme con i suoi cittadini il percorso di unità nazionale. Dalle famose dieci giornate di Brescia fino alla Strage di Piazza della Loggia, passando per la guerra di liberazione svolta anche sui nostri monti e nella nostra città.
Città benemerita del Risorgimento italiano, medaglia d'argento per la Guerra di Liberaziona Nazionale ha anch'essa donato i propri figli per la causa nazionale.

Per questo motivo, Presidente Napolitano, mi sarebbe piaciuto vederla commuoversi insieme a tutti noi, durante la commemorazione della Strage di Piazza della Loggia di quest'anno. Mi sarebbe piaciuto vederla omaggiare con tutti noi, nei luoghi simbolo cittadini, l'eroismo di quei cittadini che nel 1849 si ribellarono al dominio Asburgico e al Lombardo Veneto per la causa nazionale per la quale ancora oggi Lei si batte coraggiosamente. Mi sarebbe piaciuto vederla porgere un fiore e condividere con Lei un momento di silenzio sui monti che circondano la nostra città sui quali sono caduti molti partigiani che come Lei si sono battuti per la democrazia e la libertà.

Per questo Presidente, come semplice cittadino, mi preme invitarla a Brescia per rinsaldare ancora una volta quel profondo legame mai spezzato tra l'Italia e i suoi figli bresciani.

Con profonda e sincera ammirazione,
Andrea Curcio

sabato 1 ottobre 2011

Loggia 2013: le prime considerazioni di un lungo percorso

Passate poco più di 24 ore dal voto in Loggia sul Pgt, questo evento permette di portare le prime considerazioni su un percorso che si aprirà ufficialmente con la prossima assemblea cittadina del Partito Democratico: la corsa alla Loggia della primavera 2013.

Come si apprende da un articolo del BresciaOggi in edicola, all'interno del primo partito di opposizione si stanno aprendo le danze per scegliere il candidato del partito e il percorso che lo accompagnerà fino al 2013. E se da una parte il segretario De Martin si dice fiducioso di un'unità ritrovata - anche con il ritorno nel gruppo consiliare di Claudio Bragaglio - dall'altra alcuni settori del partito pongono alcune perplessità in particolare sulle tempistiche. Aldilà però del nome del candidato sindaco per il Pd, paiono ormai scontate delle primarie di coalizione alle quali il Partito Democratico bresciano dovrà presentarsi compatto con un singolo candidato per scongiurare delle primarie in salsa milanese.

E su questo secondo aspetto - quello delle primarie - che si palesano le maggiori incertezze che non ci fanno palesare futuri certi.
Se da una parte - anche grazie al lavoro in Loggia - l'affiancamento con SeL ed IdV sembra ormai cosa fatta, dall'altra si aprono possibili scenari con le liste civiche, tra cui quella di Laura Castelletti nominata proprio da De Martin e con l'UdC.

Sono in particolare queste due seconde realtà che destano le maggiori preoccupazioni opposte e in ambienti democratici diversi.
Laura Castelletti - di cui sono fautore di alleanza - negli ultimi periodi si è mostrata molto fredda circa possibili accordi, freddezza testimoniata anche dall'aver presentato da sola alcuni emendamenti sul Pgt senza firmali o concordarli insieme al resto delle opposizioni (cosa fatta invece da SeL, IdV e Pd per i loro emendamenti). Una posizione questa che fa palesare una ricerca di autonomia di azione che potrebbe essere usata in eventuali trattative con il centrosinistra bresciano. Trattative che a mio modo di vedere dovrebbero essere agevolate da una comune visione di città e di gestione del bene pubblico e che ad oggi trovano ostacolo solo su questioni che riguardano i nomi. Sono convinto comunque che al momento opportuno, data anche l'intelligenza politica dei soggetti in campo, si troverà l'accordo per le elezioni 2013.
Un accordo con la Castelletti porterà sicuramente una maggiore apertura ad altre liste civiche in un'ottica di alleanza tra i partiti di centrosinistra e il civismo bresciano.

Discorso diverso invece per quanto riguarda l'UdC di Quadrini e Bonetti. Alcuni non allineati del Pd hanno chiesto - e quanto si apprende dai giornali - un rinvio dell'inizio del percorso per attendere gli sviluppi nazionali e locali per una possibili alleanza con l'UdC e prospettato addirittura un passo indietro del Pd che dovrebbe cosi appoggiare un candidato centrista senza passare dalle primarie di coalizione. Tralasciando il fatto che un percorso del genere porterebbe inevitabilmente una rottura con le attuali alleanze in Loggia e ad una chiusura definitiva con la Castelletti, vediamo la situazione dell'UdC.

Se da una parte il segretario Quadrini aveva prospettato una posizione più critica nei confronti del Pgt, tutt'altra linea è stata seguita dal Capogruppo in Loggia Bonetti che durante la sua dichiarazione di voto - oltre la mezzanotte - si è apertamente schierato a favore del Pgt senza portare alcuna critica al piano ed attaccando invece l'opposizione criticandone l'operato in consiglio comunale.
Abbiamo cosi un partito che allo stato attuale dell'arte tiene ancora un piede in due scarpe in attesa di sviluppi politici sul piano nazionale e locale - a breve ci sarà il congresso del partito. Un partito dunque che a mostrato di non condividere con l'opposizione ed in particolare con il Pd una visione comune di come dovrebbe essere la città di Brescia, votando a favore di uno dei più combattuti provvedimenti dell'attuale maggioranza.
Scelta questa che rende difficile intravedere un percorso politico comune che non si basi su meri apparentamenti a scopi puramente elettorali e che metta al centro le tematiche amministrative. Un salto della quaglia quello dell'UdC favorito dal Pd che aprendo una porta chiude un portone, anche in faccia a molti suoi elettori.