mercoledì 28 dicembre 2011

[TIME] La proprietà dei media

Un altro articolo tradotto dal TIME. Questa volta l'articolo in questione "Looking Forward to 2012: The End of Media Ownership" scritto da Graeme McMillan tratta delle nuove modalità con cui i media distribuiranno i propri contenuti. 

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Guardando al 2012: la fine della proprietà dei media

Ah, la settimana finale tra il Natale e il nuovo anno, quando guardiamo indietro a tutto quello che è successo, e in avanti verso l'anno che arriva. E che anno arriva – uno che potrebbe portare non solo l'apocalisse predetta dai Maya, ma anche la corsa attorno al mondo di John Cusack per salvare l'umanità. Che cosa sto aspettando? Qualcuno che finalmente rompa la mentalità sulla proprietà dei media, naturalmente. (la proprietà intesa come possesso del supporto fisico del contenuto: libro, dvd ecc... E' il concetto di cloud ndt)
Lo so, tu pensi che io sia pazzo, ma pensaci: se c'è una sola cosa che il 2011 ci ha insegnato, è che i media sono vaporware (vedi wikipedia per il significato ndt) e che non necessitiamo realmente di nulla di nostro. Netflix (tra gli altri) attraverso lo streaming ci mostra i film e gli spettacoli televisivi che desideriamo, e lo stesso fa Spotify (o Pandora, o chiunque) facendolo con la musica. I siti web hanno, da qualche tempo, provato che tu non necessiti di comprare il giornale, e sia Amazon che Apple stanno lavorando ad una versione digitale di manoscritti (o, come li chiamiamo noi, “libri”). Perchè qualcuno di noi dovrebbe voler comprare qualcosa in questi giorni, quando ci sono gli abbonamenti che permettono di accedere a qualsiasi cosa ponendoli a portata di mano?
Certo, devo ammettere che ci sono alcuni difetti in questa visione. Per prima cosa, non tutti sono entrati nell'idea che i media sono qualcosa a cui ci si abbona come ad una scatola, o che non si possano selezionare individualmente come si farebbe con un album, un DVD o un libro. Ma questi pensieri appaiono come dei messaggi dal passato, e si scontrano con la crescita delle compagnie di noleggio come Spotify, Netflix, ma anche – più importante – la mentalità degli spettatori di pagare una volta al mese per tutto quello che si può mangiare (il concetto di flat ndt) avrà lo stesso impatto che si è avuto nei primi giorni di protesta contro la musica digitale (che è dir poco, semmai).
Per diversi aspetti, questo nuovo mondo è il culmine del peggior scenario degli allarmisti sulla musica digitale, con lo spostamento della mentalità del consumatore da “possedere un oggetto fisico che rappresenta il lavoro creativo” a “possedere un file digitale che rappresenta il lavoro creativo” evolvendosi in “accesso a un file digitale, ma senza che questo sia tuo”. Quello che cambierà per tutti quelli coinvolti nella creazione dei contenuti multimediali non è ancora chiaro. Considerando le domande dal punto di vista finanziario: I diritti di noleggio sostituiranno i diritti di vendita in una quantità pari a quella attuale? Saranno trovati finanziamenti alternativi per i contenuti (il crowdsourcing attraverso Kickstarter ed altri, per esempio)? Trovare domande a tutte queste domande senza risposta non sarà facile.
Ma a dispetto delle incertezze ci siamo quasi, non è cosi? Noi abbiamo già la radio e la televisione in streaming web. Quello che sto aspettando dal 2012 è qualcosa che porti tutto questo insieme, un solo punto di accesso che riempia la nostra televisione, che porti film, musica e contenuti testuali, il tutto ad un abbonamento mensile dal basso costo. Può tutto questo essere lontano? Quando queste cose sono in arrivo, si tratta solo di chi arriverà a proporle, io vedo un trio di volti noti: Amazon, Apple e Google. Tutti e tre le compagnie hanno fatto investimenti nel digital media che hanno coinvolto i grandi creatori di contenuti mediatici, e queste partnerships fanno si che essi siano i più equipaggiati per effettuare uno sforzo – applicazioni, piattaforme o semplicemente idee – che possa essere in grado di catturare sia i consumatori sia i creatori
Per entrambi i gruppi, si si riduce a facilità di utilizzo e costi, e con dei costi, la parte difficile è raggiungere un accordo tra le due parti: l'informazione vorrebbe essere libera, come recita un vecchio detto, ma l'economia dei media si basa sulle persone che pagano. Da dove proverrà il denaro – e quanti soldi saranno – sarà una delle prime domande al quale i media digitali dovranno rispondere nel 2012. Una volta risposto in modo soddisfacente per tutti a questa domanda, saremo più vicini di un passo alla saturazione dei media in un modo che avremmo solamente sognato appena un decennio fa.

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