Pubblico sul blog un bellissimo ed importante contributo di Alessio Coco, giovane studente di Architettura a Milano, che partendo dal Pgt da poco approvato in Consiglio Comunale compie una disamina sullo sviluppo urbano italiano degli ultimi 50 anni. Ringrazio Alessio per questa sua analisi sperando che possa essere la prima di una lunga serie.
Da
pochi giorni è stato approvato il Piano di Governo del Territorio della
nostra città e non sono mancate le polemiche riguardo alle modalità con
cui è stato affrontato il tema: gli esponenti dell’opposizione hanno
deciso di abbandonare il tavolo delle discussioni dal momento che,
secondo loro, non sussistono più le condizioni per ragionare insieme
alla maggioranza sul documento. In seguito alla Valutazione Ambientale
Strategica sono stati bocciati alcuni ambiti di intervento, fra cui una
possibilità edificatoria nei pressi dell’Alfa Acciai di San Polo. Se
dunque da un lato, a seguito del parere negativo della V.A.S., sembra
più logico che il Piano vada rivisitato, dall’altro la maggioranza ha
deciso di non gettare al vento il lavoro iniziato ormai tre anni fa e ha
approvato il documento. Non vorrei però entrare nel merito di questa
polemica, quanto piuttosto sottolineare una riflessione comune sul tema
della pianificazione urbana (e non a caso ho aggiunto anche il termine
territoriale). La nostra città è infatti da alcuni decenni al centro di
grandi osservazioni e dibattiti, che stanno trovando un risvolto pratico
proprio in quest’ultimo decennio. Il progetto-simbolo delle
amministrazioni, la metropolitana, previsto ancora dal piano dell’arch.
Benevolo degli anni 1972-’73 e ripreso con vigore alla fine degli anni
’80, sembra aver trovato oggi la sua manifestazione pratica e pone le
basi per una crescita nei prossimi anni. E’ quindi nata una nuova
dimensione urbana, o meglio, metropolitana? La città si sta proiettando
al futuro e in questo suo viaggio sta cercando di raggiungere le altre
metropoli italiane ed europee. Se da un lato questo aspetto è molto
positivo, perché sembra superare una volta per tutte le radici del
provincialismo, dall’altro però necessita di un controllo, per non
cadere nell’errore che è stato commesso nelle maggiori metropoli
italiane, dove è stata consumata una quantità di suolo tale da
modificare notevolmente i margini urbani. Fino al primo dopoguerra,
infatti, non esisteva pianificazione, almeno in Italia, mentre nelle
metropoli europee (Londra, Parigi, Berlino, Amsterdam) già esistevano
interi quartieri serviti da strade ferrate che hanno dettato in molti
casi lo sviluppo della città. Proprio questo aspetto in Italia è
mancato: la pianificazione ha spesso dovuto fare i conti con
amministrazioni inefficienti, incapaci di mettere in pratica i disegni
urbani e architettonici, favorendo così il proliferare di villaggi
dispersi (nei casi più fortunati) o episodi di abusivismo (nei casi meno
fortunati), che non hanno seguito certamente criteri ordinatori, né
tantomeno le infrastrutture pre-esistenti. La metropoli italiana si è
quindi costruita partendo dal fenomeno della dispersione edilizia, e
Brescia da questo punto di vista rappresenta un grande esempio
nell’opera marcoliniana. In altre città italiane (Milano, Torino, Roma,
Napoli…) sono sorti nel secondo dopoguerra e negli anni del “boom
economico” molti quartieri popolari, caratterizzati da architetture
verticali. Brescia invece ha visto la nascita dei suddetti Villaggi
Marcolini, esempi di architetture basse ma estese, ed ha incrementato
notevolmente la popolazione fino al massimo storico del 1971 (210000
abitanti circa). Il nuovo Pgt vorrebbe in questo senso riproporre questa
soglia, ma negli anni che stiamo vivendo mancano le condizioni sociali,
economiche, ambientali e politiche perché ciò possa ripetersi. In
quest’ottica quindi il nuovo Pgt rappresenta un documento forzato, che
non tiene conto dell’odierna crescita molto lenta (o forse
inesistente..), dei fenomeni che hanno portato ad una perdita di
attrattività della nostra città ed in generale di tutte le città
italiane. Sentiamo spesso dire che le nostre metropoli si stanno
spopolando, nascono e si diffondono i cosiddetti quartieri-ghetto,
proliferano gli episodi di degrado urbano e dismissione, ma qualcuno a
mio avviso si dimentica una cosa molto semplice: il degrado non nasce da
sé, ma viene creato. E quando vengono a mancare le condizioni che ho
menzionato prima, quando gli aspetti economici arrivano a prevalere
sugli aspetti sociali, ecco che sorgono quartieri in cui le fabbriche
vengono abbandonate, i parchi pubblici si trasformano in centri di
spaccio di stupefacenti, i centri storici vengono rapidamente
trasformati in luoghi in cui è pericoloso camminare anche in pieno
giorno. Questi fenomeni naturalmente non possono essere risolti
attraverso dei manifesti propagandistici, né tantomeno attraverso un
impiego massiccio di forze dell’ordine. Se non vengono effettuati
programmi mirati allo sviluppo sociale, le nostre città saranno sempre
meno attrattive, cresceranno i quartieri-dormitorio e non potranno che
farlo sulla base dispersiva che ha finora dettato lo sviluppo urbano, a
Brescia, così come in Italia. Rientrano in queste osservazioni gli
aspetti più negativi del piano in approvazione: i piani di recupero
delle aree industriali dismesse, iniziati con il Prg del 2004, non sono
ancora stati portati a termine, che già vedono sorgere nuovi centri
commerciali-direzionali, con le speculazioni del caso sempre dietro
l’angolo. I servizi terziari, naturalmente, generano attrattività, ma
allo stesso modo le abitazioni e i servizi sociali, se promossi nella
direzione corretta incrementano la domanda stessa. Si nota dalle tavole
del documento di Piano che, al contrario, vi sono poche aree destinate
all’edilizia sociale, e gli interventi maggiori sono volti a densificare
il cosiddetto “corridoio metro bus”, che con molta probabilità vedrà
sorgere numerose attività commerciali-direzionali e limitate zone
residenziali a canone agevolato. La situazione più strana spetta però
all’area delle cave di San Polo, destinata in parte a nuove attività
industriali (si parla di nuovi impianti produttivi e anche di una nuova
discarica), in parte alla nuova “città dello sport” ed in parte ad
insediamenti residenziali, dettati da una domanda privata piuttosto che
dalla volontà di creare un piano-casa. La situazione sembra lasciare
quindi poco spazio all’immaginazione: gli interventi tanto promessi per
migliorare la qualità ambientale dell’area, fra le più inquinate della
città, lasciano posto a tutto fuorchè a spazi verdi e di mediazione fra
la città costruita e l’ambiente agrario a sud dell’autostrada.
Nell’ottica delle politiche sociali, invece, un segnale positivo arriva
dall’intervento che dovrebbe portare alla realizzazione del nuovo Campus
universitario, in grado (nelle intenzioni) di attrarre nuova domanda e
far ripartire il motore della crescita socio-culturale dell’area antica.
Per entrare nello specifico, questo intervento sembra in grado di
rivitalizzare il centro storico, anche se collocato in posizione
leggermente decentrata e ha il pregio di recuperare un antico stabile
militare rimasto finora abbandonato. Certamente per compiere interventi
di questo tipo, ci vogliono disponibilità economiche al momento
insufficienti, ma è proprio questo il motivo di fondo su cui
bisognerebbe concentrare le attenzioni: basta spendere bene le risorse e
si possono raggiungere i risultati di cui godono tutti i cittadini
degli altri stati europei più avanzati. I grandi parchi, le
infrastrutture efficienti, il benessere sociale può essere raggiunto
anche in momenti non certo brillanti come il nostro, lasciando da parte
una volta per tutte egoismi faziosi e impadronendosi di spirito di
iniziativa.
Salve! Complimenti per il blog, ottime qualità dialettiche! Ho appena creato un blog sul calcio, il cui indirizzo è http://flaviomorrone.blogspot.com/. Mi farebbe piacere se mi passassi a trovare!
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