martedì 11 ottobre 2011

Pianificazione urbana-territoriale

Pubblico sul blog un bellissimo ed importante contributo di Alessio Coco, giovane studente di Architettura a Milano, che partendo dal Pgt da poco approvato in Consiglio Comunale compie una disamina sullo sviluppo urbano italiano degli ultimi 50 anni. Ringrazio Alessio per questa sua analisi sperando che possa essere la prima di una lunga serie.



Da pochi giorni è stato approvato il Piano di Governo del Territorio della nostra città e non sono mancate le polemiche riguardo alle modalità con cui è stato affrontato il tema: gli esponenti dell’opposizione hanno deciso di abbandonare il tavolo delle discussioni dal momento che, secondo loro, non sussistono più le condizioni per ragionare insieme alla maggioranza sul documento. In seguito alla Valutazione Ambientale Strategica sono stati bocciati alcuni ambiti di intervento, fra cui una possibilità edificatoria nei pressi dell’Alfa Acciai di San Polo. Se dunque da un lato, a seguito del parere negativo della V.A.S., sembra più logico che il Piano vada rivisitato, dall’altro la maggioranza ha deciso di non gettare al vento il lavoro iniziato ormai tre anni fa e ha approvato il documento. Non vorrei però entrare nel merito di questa polemica, quanto piuttosto sottolineare una riflessione comune sul tema della pianificazione urbana (e non a caso ho aggiunto anche il termine territoriale). La nostra città è infatti da alcuni decenni al centro di grandi osservazioni e dibattiti, che stanno trovando un risvolto pratico proprio in quest’ultimo decennio. Il progetto-simbolo delle amministrazioni, la metropolitana, previsto ancora dal piano dell’arch. Benevolo degli anni 1972-’73 e ripreso con vigore alla fine degli anni ’80, sembra aver trovato oggi la sua manifestazione pratica e pone le basi per una crescita nei prossimi anni. E’ quindi nata una nuova dimensione urbana, o meglio, metropolitana? La città si sta proiettando al futuro e in questo suo viaggio sta cercando di raggiungere le altre metropoli italiane ed europee. Se da un lato questo aspetto è molto positivo, perché sembra superare una volta per tutte le radici del provincialismo, dall’altro però necessita di un controllo, per non cadere nell’errore che è stato commesso nelle maggiori metropoli italiane, dove è stata consumata una quantità di suolo tale da modificare notevolmente i margini urbani. Fino al primo dopoguerra, infatti, non esisteva pianificazione, almeno in Italia, mentre nelle metropoli europee (Londra, Parigi, Berlino, Amsterdam) già esistevano interi quartieri serviti da strade ferrate che hanno dettato in molti casi lo sviluppo della città. Proprio questo aspetto in Italia è mancato: la pianificazione ha spesso dovuto fare i conti con amministrazioni inefficienti, incapaci di mettere in pratica i disegni urbani e architettonici, favorendo così il proliferare di villaggi dispersi (nei casi più fortunati) o episodi di abusivismo (nei casi meno fortunati), che non hanno seguito certamente criteri ordinatori, né tantomeno le infrastrutture pre-esistenti. La metropoli italiana si è quindi costruita partendo dal fenomeno della dispersione edilizia, e Brescia da questo punto di vista rappresenta un grande esempio nell’opera marcoliniana. In altre città italiane (Milano, Torino, Roma, Napoli…) sono sorti nel secondo dopoguerra e negli anni del “boom economico” molti quartieri popolari, caratterizzati da architetture verticali. Brescia invece ha visto la nascita dei suddetti Villaggi Marcolini, esempi di architetture basse ma estese, ed ha incrementato notevolmente la popolazione fino al massimo storico del 1971 (210000 abitanti circa). Il nuovo Pgt vorrebbe in questo senso riproporre questa soglia, ma negli anni che stiamo vivendo mancano le condizioni sociali, economiche, ambientali e politiche perché ciò possa ripetersi. In quest’ottica quindi il nuovo Pgt rappresenta un documento forzato, che non tiene conto dell’odierna crescita molto lenta (o forse inesistente..), dei fenomeni che hanno portato ad una perdita di attrattività della nostra città ed in generale di tutte le città italiane. Sentiamo spesso dire che le nostre metropoli si stanno spopolando, nascono e si diffondono i cosiddetti quartieri-ghetto, proliferano gli episodi di degrado urbano e dismissione, ma qualcuno a mio avviso si dimentica una cosa molto semplice: il degrado non nasce da sé, ma viene creato. E quando vengono a mancare le condizioni che ho menzionato prima, quando gli aspetti economici arrivano a prevalere sugli aspetti sociali, ecco che sorgono quartieri in cui le fabbriche vengono abbandonate, i parchi pubblici si trasformano in centri di spaccio di stupefacenti, i centri storici vengono rapidamente trasformati in luoghi in cui è pericoloso camminare anche in pieno giorno. Questi fenomeni naturalmente non possono essere risolti attraverso dei manifesti propagandistici, né tantomeno attraverso un impiego massiccio di forze dell’ordine. Se non vengono effettuati programmi mirati allo sviluppo sociale, le nostre città saranno sempre meno attrattive, cresceranno i quartieri-dormitorio e non potranno che farlo sulla base dispersiva che ha finora dettato lo sviluppo urbano, a Brescia, così come in Italia. Rientrano in queste osservazioni gli aspetti più negativi del piano in approvazione: i piani di recupero delle aree industriali dismesse, iniziati con il Prg del 2004, non sono ancora stati portati a termine, che già vedono sorgere nuovi centri commerciali-direzionali, con le speculazioni del caso sempre dietro l’angolo. I servizi terziari, naturalmente, generano attrattività, ma allo stesso modo le abitazioni e i servizi sociali, se promossi nella direzione corretta incrementano la domanda stessa. Si nota dalle tavole del documento di Piano che, al contrario, vi sono poche aree destinate all’edilizia sociale, e gli interventi maggiori sono volti a densificare il cosiddetto “corridoio metro bus”, che con molta probabilità vedrà sorgere numerose attività commerciali-direzionali e limitate zone residenziali a canone agevolato. La situazione più strana spetta però all’area delle cave di San Polo, destinata in parte a nuove attività industriali (si parla di nuovi impianti produttivi e anche di una nuova discarica), in parte alla nuova “città dello sport” ed in parte ad insediamenti residenziali, dettati da una domanda privata piuttosto che dalla volontà di creare un piano-casa. La situazione sembra lasciare quindi poco spazio all’immaginazione: gli interventi tanto promessi per migliorare la qualità ambientale dell’area, fra le più inquinate della città, lasciano posto a tutto fuorchè a spazi verdi e di mediazione fra la città costruita e l’ambiente agrario a sud dell’autostrada. Nell’ottica delle politiche sociali, invece, un segnale positivo arriva dall’intervento che dovrebbe portare alla realizzazione del nuovo Campus universitario, in grado (nelle intenzioni) di attrarre nuova domanda e far ripartire il motore della crescita socio-culturale dell’area antica. Per entrare nello specifico, questo intervento sembra in grado di rivitalizzare il centro storico, anche se collocato in posizione leggermente decentrata e ha il pregio di recuperare un antico stabile militare rimasto finora abbandonato. Certamente per compiere interventi di questo tipo, ci vogliono disponibilità economiche al momento insufficienti, ma è proprio questo il motivo di fondo su cui bisognerebbe concentrare le attenzioni: basta spendere bene le risorse e si possono raggiungere i risultati di cui godono tutti i cittadini degli altri stati europei più avanzati. I grandi parchi, le infrastrutture efficienti, il benessere sociale può essere raggiunto anche in momenti non certo brillanti come il nostro, lasciando da parte una volta per tutte egoismi faziosi e impadronendosi di spirito di iniziativa.

1 commento:

  1. Salve! Complimenti per il blog, ottime qualità dialettiche! Ho appena creato un blog sul calcio, il cui indirizzo è http://flaviomorrone.blogspot.com/. Mi farebbe piacere se mi passassi a trovare!

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