mercoledì 21 dicembre 2011

[WSJ] La disoccupazione dei neolaureati cinesi


Il problema dei giovani laureati che si trovano fuori dal mondo del lavoro non è una problematica solamente italiana. Ne fanno le spese anche i giovani cinesi ed americani come spiegato da una giornalista del Wall Street Journal. In particolare la giornalista nel suo articolo ci spiega a grandissime linee quali sono le idee del governo cinese e la reazione dell'opinione pubblica del paese asiatico.
Di seguito potete trovare la traduzione dell'articolo. L'articolo originale lo trovate qui.

La Cina cancella le specializzazioni universitarie che non danno lavoro

Come per gli Stati Uniti, la Cina sta cercando di affrontare un problema demografico recentemente emerso: la generazione di laureati senza lavoro. La Cina ha comunque già una soluzione soluzione a questo problema. Soluzione che in molti altri paesi, in particolare occidentali, porrebbe quantomeno diversi interrogativi.
Come riferito dall'agenzia di stampa governativa Xinhua, il Ministro dell'educazione Cinese ha annunciato questa settimana un piano attraverso il quale sopprimere gradualmente quei corsi di specializzazione universitaria (majors) che producono laureati senza un reale sbocco lavorativo. Il governo darà avvio ad una serie di valutazioni circa i corsi di specializzazione analizzando gli indici di inserimento nel mondo del lavoro, e ridurrà o taglierà quei corsi che non soddisferanno i requisiti richiesti, tra cui avere una percentuale di laureati attivi nel mondo del lavoro superiore al 60%.
L'iniziativa ha lo scopo di risolvere il problema della gran massa di laureati cinesi che nel 2010, secondo i dati del censimento cinese, risultano 8930 ogni 100000 abitanti con una crescita del rapporto pari al 150% rispetto al 2000. L'aumento di laureati, in altri casi un pregio per il paese, ha contribuito alla sovrabbondanza di lavoratori in possesso di una serie di competenze che non corrispondono però con le richieste e le necessità del mercato dell'export che è il mercato trainante dell'economia cinese.
Tuttavia la decisione del governo di frenare i corsi di specializzazione sta incontrando diverse resistenze. Come riportato in un reportage del China Daily molti professori universitari sono scontenti del provvedimento, che porterà ad una diminuzione di una serie di talenti fondamentali in una serie di campi, come la biologia, che sono fondamentali per un paese che punta a diventare il leader mondiale nei campi scientifici e tecnologici ma che in questo momento non godono di una forte domanda di laureati da parte del mercato del lavoro.
Un'altra critica alla manovra governativa, seppur con diversa motivazione, viene espressa in un editoriale del Beijing News. Nell'editoriale viene fatto presente che queste valutazioni incentivano le false dichiarazioni circa i tassi di occupazione da parte delle università che sono alla ricerca di una maggiore autonomia nella formazione di studenti più qualificati e con percorsi di studio diversificati.
I dati ufficiali infatti mostrano come il numero di laureati cinesi senza lavoro è in diminuzione. Secondo il Ministero dell'Istruzione nel 2010 il 72% dei neolaureati ha trovato un lavoro, mentre nel 2009 erano il 68%.
Nessuno dei rapporti specifica però quale saranno le specializzazione che verranno tagliate con le nuove regole, ma ci sono già alcune indicazioni che mostrano come diverse università avrebbero già iniziato a prendere provvedimenti che porteranno ad una riduzione dei corsi non richiesti dal mercato del lavoro. Sempre secondo il reportage del China Daily all'Università di Shenyang il corso di russo ha visto diminuiti il proprio numero di posti a 25 rispetto ai 50 degli anni scorsi.
Mentre il paese continua a spingere per la crescita delle proprie industrie e delle proprie tecnologie l'educazione è diventato un tema molto caldo in Cina. Per vincere questa sfida, secondo il governo, il paese deve produrre più innovazione. Le forti restrizioni in materia di istruzione sono viste come la principale causa della mancanza di creatività nella società cinese e della fuga dei molti studenti che hanno scelto di andare all'estero per proseguire i propri studi.
I cinesi hanno messo in dubbio che futuri Steve Jobs – fondatore della Apple – possano crescere all'interno di un sistema educativo che tende ad omologare verso il basso tutti gli studenti annullando le eccellenze.
Per questo motivo molti degli studenti cinesi, che dispongono dei fondi sufficienti, hanno deciso di andare a studiare presso le università statunitensi che sono conosciute per aver sfornato laureati diventati poi innovatori di livello mondiale. L'anno scorso 128 mila studenti cinesi si sono trasferiti negli Stati Uniti facendo cosi della Cina il paese con il più alto numero di studenti nelle università americane secondo quanto riportato dall'Institue of International Education nel suo rapporto del 2010.
Ma gli Stati Uniti devono sforzarsi di occuparsi della propria generazione di laureati disoccupati, il sistema di istruzione americano è anch'esso messo in discussione e molti studenti dei college stanno ripensando al valore della propria specializzazione.
Che cosa succederebbe se il governo Statunitense decidesse di adottare l'approccio cinese? Secondo i dati più recenti del censimento statunitense, tra le prime specializzazioni troviamo: psicologia, storia statunitense e tecnologie militari.

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