venerdì 25 novembre 2011

Operazione Red Christmas: 2 anni dopo

Scorrendo la pagina web di Repubblica mi sono imbattuto per caso in un articolo che racconta di come una docente della Bicocca presti il proprio ufficio ad una studentessa - mussulmana - per permetterle di pregare non avendo ella altri luoghi a disposizione per espletare questa necessità spirituale.
Nel leggere ciò mi è venuta alla mente una iniziativa analoga che come Progetto Ingegneria e Studenti Per portammo avanti all'incirca due anni fa.
Era il periodo durante il quale la provincia bresciana era balzata agli onori della cronaca nazionale per alcuni provvedimenti razzisti e xenofobi di amministrazioni leghiste nella provincia. Il white Christmas di Coccaglio e l'ordinanza anti immigrati a Trenzano avevano riportato all'attenzione di tutti il serio problema di convivenza tra culture diverse ed in particolare l'arretratezza culturale di una certa destra italiana.
Cosi, consci che il l'università non è un mondo a parte ma si innesta all'interno della società, decidemmo di lanciare una nostra proposta/provocazione con il nome in codice di Red Christmas - per fare il verso alla famosa operazione coccagliese - invitando la stampa, bresciana e non, ad una conferenza stampa. E' inutile dire che all'epoca fummo snobbati da tutti i giornalisti, probabilmente troppo impegnati a scrivere di luci ed addobbi causa il Natale in avvicinamento.

Partivamo dal dato di fatto che molti studenti di fede non cattolica non avevano a disposizione alcun luogo di culto per poter espletare i propri obblighi di fede. La città, all'allora come adesso, non metteva a disposizione alcuna location raggiungibile per gli studenti stranieri. Proponemmo, anche se poi non se ne fece più nulla per l'opposizione dell'allora Rettore Preti, la creazione di due stanze multiconfessionali, una per il polo nord e l'altra per il polo sud. Nessun simbolo per includere tutti i simboli. Un luogo di incontro con la spiritualità personale nel pieno rispetto della spiritualità degli altri. Una stanza bianca, vuota di ogni cosa tranne che di alcune panche. Non una propaganda alla religione, ma un servizio che l'università avrebbe dovuto dare agli studenti per coprire una profonda mancanza della società.

Cosi ad un mese di distanza da quel giorno, condivido nuovamente con tutti il documento che Matteo Domenighini scrisse per conto delle due liste universitarie.

Le liste universitarie STUDENTI PER e PROGETTO INGEGNERIA sentono la necessità di intervenire per manifestare il proprio disagio per i recenti avvenimenti che hanno portato la nostra provincia di Brescia al centro dell’attenzione mediatica nazionale. Il riferimento è ai provvedimenti assunti da alcuni comuni del nostro territorio in materia di immigrazione e di integrazione culturale, ed in generale a quel clima di intolleranza che si fa sempre più avvertito e sempre più opprimente.
Non è nostra intenzione fare una polemica strumentale e fine a se stessa, ma introdurre nel nostro Ateneo una riflessione sul ruolo e sulla responsabilità che come istituzione esso deve esercitare nella società e nel territorio in cui è inserito. La scelta di assumere tale posizione di rilievo riteniamo non sia più rinviabile: è il tempo di decidere se accontentarsi di produrre solo semplici laureati o fare un passo avanti formando cittadini responsabili e civili.
Tanti e vari sono i fatti che ci sentiamo di denunciare in quanto assurdi, quando non abominevoli. Si parla di introdurre l’insegnamento del dialetto nelle scuole, mentre si cerca di internazionalizzare delle Università e mentre il 45% degli studenti universitari, secondo una recente ricerca, non padroneggia la lingua italiana.
Si parla di impedire ad una famiglia di seppellire un bambino in un cimitero, perché non battezzato, si parla di difendere la nostra religione da una presunta invasione e ci si dimentica il vero messaggio cristiano di solidarietà, accoglienza e rispetto reciproco.
In ultimo i fatti documentati nel servizio trasmesso nella puntata di giovedì 17 dicembre di AnnoZero. Si giustificano questi atti dicendo “chissà perché noi dobbiamo essere democratici mentre invece i loro paesi non sono democratici per niente”. E’ una risposta da Paese civile? Il nostro obiettivo è appiattirci verso il basso o, piuttosto, tendere ad una società più giusta?
Ancora più inquietante è sentire parlare i nostri coetanei, ossia il futuro della nostra società, di una democrazia solo per gli italiani, sentirli urlare slogan come “Italia agli italiani, fuori gli ebrei e gli africani”. È sempre più avvertito un clima di intolleranza, di sospetto, di volontà di prevaricazione e di affermazione di sé stessi non dimostrando le proprie capacità, ma isolando e combattendo gli altri, facilmente i più deboli.
Non ci si rende però conto che stiamo parlando di persone, di padri e madri, di bambini ed anche di quei tanti studenti che condividono con noi ogni giorno la vita universitaria, da cui ci distingue solo il luogo di nascita, ma che come noi passano le stesse giornate sui libri a studiare, in aula a seguire lezione, che hanno le stesse angosce pre­esame, gli stessi sogni di laurearsi.
La nostra Università, proprio in questo senso, è lo specchio del nostro territorio, raccoglie la stessa varietà etnica, culturale e religiosa, ospitando infatti un gran numero di studenti stranieri, che provengono da Paesi dell’Est Europa, dall’Africa, dell’America Latina, del Medio Oriente e dell’Asia.
Proprio da questo luogo che per tutti e da sempre è il luogo di cultura per eccellenza, quindi, deve partire un esempio forte di convivenza, tolleranza, rispetto reciproco e parità di diritti tra tutte le etnie.
Sottolineiamo comunque che finora nessun atto di intolleranza o discriminazione si è mai verificato o è stato denunciato; anche se qualcuno cerca anche qui di inserire questo clima discriminatorio, come la lista che durante la scorsa campagna elettorale universitaria proponeva di assegnare preferibilmente gli alloggi universitari agli studenti originari della nostra zona.
Riteniamo però che in questo momento sia fondamentale rendere visibile a tutta la nostra società questo modello; non significa sostenere un partito o l’altro, una religione o l’altra, significa dire: “Guardateci, una convivenza pacifica e tollerante è possibile”.
La proposta che presentiamo oggi, e prossimamente proporremo negli organi accademici, si inserisce nel solco di questo sentiero virtuoso.
Crediamo che convivenza pacifica fra le varie culture e religioni non significhi annullamento di ognuna di esse, ma che ognuna deve avere il suo spazio per poter essere “vissuta” rispettando le altre.
Proponiamo, quindi, che vengano individuati nel nostro Ateneo due luoghi, uno per il Polo Ingegneria­Medicina ed uno per il Polo Giurisprudenza­Economia, in cui ogni studente può avere un momento personale di preghiera o riflessione. Si tratta di aule multiconfessionali in cui non sia presente alcun simbolo religioso, ma in cui ogni religione abbia il suo spazio, che è delimitato dal rispetto per gli altri che ne vogliono usufruire.
Inoltre sarebbe questo un luogo particolarmente utile per gli studenti fuori­sede degli alloggi universitari, i quali possono così avere uno spazio anche per questi momenti personali.
Sarebbe uno straordinario esempio di possibilità di incontro, che dallo stretto ambito universitario si espanda a tutto il territorio grazie agli studenti, elementi essenziali della società, che traducano ciò in comportamenti e atteggiamenti quotidiani a casa, con gli amici e in tutte le attività extra­ universitarie.

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