giovedì 22 dicembre 2011

[NYT] The King George


A seguire la traduzione di un editoriale del New York Times che parla di Giorgio Napolitano. La lettura di tale articolo è utile per comprendere la visione che ha uno dei più importanti quotidiani mondiali del nostro Presidente della Repubblica e più in generale della situazione della politica italiana



Il profilo del sabato

Da figura simbolica a tranquillo e potente mediatore italiano 

di Rachel Donadio


Molti hanno preso a chiamarlo semplicemente “Re Giorgio” o King George, questo a causa della sua tenace difesa delle istituzioni democratiche italiane e per il suo ruolo, fuori dagli schemi, nella rapida successione dal governo mediatico di Silvio Berlusconi a quello di stampo tecnocratico di Mario Monti.
Giorgio Napolitano, che è il Presidente della Repubblica italiana, 86 anni ed ex membro di alto profilo del Partito Comunista Italiano – Henry A. Kissinger diceva di lui “il mio comunista preferito” -, il mese scorso ha coronato la sua brillante carriera guidando uno dei più complessi periodi di transizione politici italiani postguerra, rimanendo cosi la chiave della stabilità politica in questi tempi duri per l'Italia.
Il suo agire è stato ancor più impressionante se si pensa che la presidenza italiana è più un'istituzione simbolica che un'istituzione dotata di potere effettivo. Ma Napolitano, che è conosciuto per il suo parlare franco e per il suo stile sobrio, ha interpretato il suo ruolo al limite diventando cosi un affidabile e fermo intermediari.
Egli ha speso gli scorsi mesi per creare le basi per questa transizione – consultandosi con i leader politici italiani, quelli europei, americani e con la Banca d'Italia per guidare la creazione di una valida alternativa governativa che guidasse il periodo post-Berlusconi.
“Adesso è il momento di dimostrare la massima responsabilità. Non è il momento né per saldare vecchi conti né per sterili recriminazioni di interessi di parte” cosi diceva Napolitano mentre leggeva il comunicato per annunciare la nomina di Mario Montic “Questo è il momento di ristabilire un clima di serenità e reciproco rispetto”.
“Napolitano non solo ha dettato le tempistiche di questa soluzione ma anche i contenuti, che è una cosa inusuale” afferma Andrea Simoncini professore di diritto costituzionale presso l'Università di Firenze “Non solo ha detto 'Noi dobbiamo fare presto'; lui in fondo ha scelto Monti e ha creato le condizioni affinché le persone non potessero dire di no a Monti”
Oggi il governo Monti è comunemente chiamato come “il governo del presidente”. Esso è appoggiato dal Presidente Napolitano e dall'Unione Europea tanto quanto dal Parlamento italiano che ha dato un'entusiasmante fiducia al Governo Monti (la più larga della storia repubblicana ndr) lo scorso mese ma deve ancora approvare le impopolari misure di austerità (l'articolo è uscito prima del voto alla camera ndr).
Spesso in Italia i cambiamenti sono molto lenti, ma in questo caso il passaggio è stato molto rapido. Per mesi Berlusconi, che è rimasto aggrappato al potere senza avere un solido supporto parlamentare, ha reso le riforme economiche necessarie impossibili da attuare facendo si che i mercati mondiali continuassero a martellare l'Italia. La svolta si è avuta l'8 Novembre quando Silvio Berlusconi ha perso la maggioranza parlamentare e al contempo il mercato azionario ha spinto i bond italiani agli stessi livelli che hanno imposto altri paesi dell'eurozona a chiedere misure di salvataggio all'Unione Europea.
Quella stessa sera, un mesto Berlusconi ha incontrato Napolitano presso il Quirinale per le consultazioni. Dei testimoni riferiscono che l'incontro è stato cordiale, ma l'esito è stato chiaro: il Primo Ministro, una volta di Teflon (probabilmente gioca con la parola Teflon riferendosi a questo materiale che ha forti proprietà antiusura per indicare che Berlusconi nonostante gli scandali non si sia mai dimesso ndr), ha accettato di dare le proprie dimissioni

Muovendosi rapidamente Napolitano ha sottratto Mario Monti dal suo incarico di Presidente della Bocconi e lo ha nominato senatore a vita, facendolo cosi un membro a pieno diritto del Parlamento italiano e non solamente un accademico esterno alla politico. “Questo è stato un atto geniale” cosi si è espresso Corrado Augias, un veterano della politica italiana, giornalista e scrittore
Questo ha fatto si che Napolitano, il cui settennato è iniziato nel 2006, goda attualmente di un indice di gradimento popolare attorno all'80%, al contrario del gradimento per Silvio Berlusconi che nelle ultime settimane è intorno al 20%. Augias ha confermato ciò dicendo “Questa è stata la sua assicurazione sulla vita, perché se non l'avesse avuta, Berlusconi lo avrebbe mangiato per pranzo”.
Nel bizzarro mondo dell'Italia berlusconiana, dove la vita privata del primo ministro ha oscurato il lavoro del governo, Napolitano era emerso come l'anti-Berlusconi. Con al suo fianco la elegante e grintosa moglie Clio, un'avvocatessa sposata nel 1959, Napolitano è diventato l'incarnazione di un'Italia differenze, quella delle virtù civiche.
Questo mese l'edizione italiana del magazine Wired ha nominato Napolitano come l'uomo dell'anno, motivando la scelta con “una sorprendente velocità nel rimanere connesso con la realtà. In altre parole: Wired” (wired è la parola inglese usata in informatica per dire connesso ndt)
Anche dopo le dimissioni di Silvio Berlusconi, l'idea di sostituire il suo governo con un governo tecnico era tutt'altro che scontata. L'ex Primo Ministro della coalizione di centrodestra era determinato ad andare alle elezioni anticipate e molti della ex coalizione criticavano il governo Monti additandolo come un colpo di stato antidemocratico.
Ma nel nuovo ordine nel quale i mercati hanno trionfato sui tradizionali processi democratici, il Presidente Obama, la Cancelliera tedesca Angela Merkel e il Presidente francese Nicolas Sarkozy hanno tutti chiamato Napolitano durante la delicata fase di transizione dichiarando il proprio supporto alla sua leadership – tali colloqui sono stati visti come tacito supporto alla creazione di un Governo Monti anziché andare alle elezioni anticipate.
E' un'indicazione evidente di quanto lontano è arrivato Napolitano, per non parlare del resto del mondo, durante questi ultimi anni.
Un tempo, l'idea che un Presidente Americano ringraziasse Napolitano – che è stato essenzialmente il ministro degli esteri del Partito Comunista italiano – e che solamente lo chiamasse era impensabile.
Durante i suoi primi anni, Giorgio Napolitano non si allontanò mai dalla linea del Partito Comunista Italiano, arrivando a dire, come riferisce un articolo del 2006 del Corriere della Sera, che l'invasione sovietica dell'Ungheria nel 1956 contribuì a salvare la pace nel mondo. Ma nel 1969 egli faceva parte di quel gruppo di comunisti italiani che ruppero con il Cremlino criticando la repressione sovietica della Primavera di Praga del 1968.

Come molti comunisti della sua città natale, Napoli, Giorgio Napolitano faceva parte dell'ala più a destra (nell'articolo originale viene usato il termine “conservative” in senso di destra ndt) del partito, i cui membri erano conosciuti con l'appellativo di “miglioristi” o “miglioratori” per via del loro desiderio di creare un mondo migliore attraverso l'azione di governo anziché la rivoluzione (una distinzione a mio avviso molto superficiale sulle sensibilità dell'allora PCI, ma dettata da una visione americana ndt).

L'ambasciatore in Italia sotto la Presidenza di Jimmy Carter, Richard N. Gardmer, ha scritto nella sua biografia di un suo incontro segreto con Napolitano, il quale veniva rispettato sufficientemente da permettergli di diventare uno dei primi dirigenti comunisti italiani a visitare gli Stati Uniti d'America (in realtà fu il primo dirigente del PCI a visitare gli Stati Uniti ndt).
Napolitano compì il viaggio nel 1978, appena una settimana dopo il drammatico sequestro dell'ex Primo Ministro Aldor Moro da parte di un gruppo estremista di sinistra, e venne ben accolto per alcune conferenze presso importanti università. Il sette volte Primo Ministro democristiano Giulio Andreotti, mente della politica italiana del dopoguerra, disse che egli stesso aveva aiutato Napolitano ad ottenere il visto d'ingresso.
Verso la fine degli anni ottanta, con la crisi del progetto comunista e la conseguenze serrata dei ranghi da parte del partito, Napolitano cadde in disgrazia a causa della sua vicinanza con i Socialisti di cui condivideva largamente la visione socialdemocratica. Ha cosi lasciato l'Italia per andare a Strasburgo dove divenne membro del parlamento europeo dal 1989 al 1992. (Questo passaggio della giornalista è quantomeno discutibile. Napolitano ha sempre ricoperto importanti incarichi di partito ndt).
Dopo il collasso del vecchio sistema politico a seguito di tangentopoli, Napolitano ritorna in Italia nel 1992 per diventare Presidente della Camera dei Deputati (speaker of the lower House nell'articolo originale ndt) dove è stato eletto con ampio sostegno. Essendo considerato al di sopra delle parti, nel 1996 è stato nominato come Ministro degli interni, primo post Comunista a diventarlo. Tale posizione è di grande sensibilità politica avendo la supervisione sui servizi segreti.
Adesso gli italiani cercano in Napolitano la guida della nave statale affiancato da sobri tecnici come Mario Monti e il suo team di tecnocrati per raccogliere l'insidiosa sfida di modernizzazione della critica economia italiana
“Io apprezzo il suo dinamismo e il suo coraggio, particolarmente notevole per una persona della sua età” ha detto Paolo Olsoufieff, un uomo d'affari in pensione, mentre leggeva un giornale in un ristorante del centro di Roma “Lui è l'unico uomo in grado di tenere a bada il circo delle bestie feroci che è il parlamento italiano”.

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