Proseguendo nella traduzione di articoli dai quotidiani stranieri, oggi pubblico la traduzione dell'articolo dal titolo "More taxes, please: we're French" di
L'Europa potrebbe agonizzare nella peggior crisi finanziaria dai
tempi della Seconda Guerra Mondiale, ma questo non basta per
costringere i francesi ad accettare una logica di liberismo economico
come quella che domina in gran parte del mondo. Coloro che si basano
su una visione “Aglosassone” da tempo criticano il welfare
francese bollandolo come troppo costoso, insostenibile, non
competitivo e sempre più indebitato – e adesso lo vedono
condannato ad un'inevitabile dieta imposta dalla realtà. Ma come è
d'abitudine dei francesi, stanno implorando di differenziarsi dal
resto del mondo – e cosi facendo di difendere lo stato sociale, che
è un motivo di profondo orgoglio nazionale, anche con soluzioni che
altri stati non potrebbero sopportare.
E' vero, Parigi ha risposto alla crisi del debito – e alle
minacce di perdere il rating AAA del credito – varando non uno, ma
due piani di austerità per contenere il proprio deficit. E vero,
anche, che alcuni dei tagli coinvolti riguardano il programma di
protezione sociale francese. Ma cogliendo i dettagli della reazione
francese, alcuni osservatori fanno notare come la Francia abbia
mostrato ancora una volta la sua inclinazione ad opporsi alla
saggezza comune (il taglio del welfare state secondo l'autore ndt)
elaborando un piano di riduzione del debito che si basi, più che
sulla riduzione dei diritti, su un considerevole aumento della
tassazione. Benvenuti alla austérité
à la française.
Per il momento.
L'edizione domenicale del quotidiano francese Le Monde mette
insieme diverse analisi del recente piano taglia-deficit svelato dal
governo conservatore del Presidente Nicolas Sarkozy, e rilancia un
famosa detto francese: “nel dubbio, alza le tasse”. E – forse
perché la sensazione delle mani del governo francese nelle proprie
tasche è normale – l'opzione di Sarkozy di alzare le tasse prima
di tagliare i diritti, finora ha provocato poche proteste
nell'opinione pubblica francese
Come racconta il Global
Spin, il risparmio del piano francese nei primi due anni del
piano si aggira sui 26 miliardi di dollari – su un totale che deve
arrivare a 90 miliardi entro il 2016. Questo sforzo ha come
obbiettivo la riduzione del deficit di bilancio della Francia dai 199
miliardi del 2010 a 103 miliardi di dollari entro il 2012 e iniziare
cosi a restituire una parte del debito sovrano pari a 1.7 trilione di
dollari (rappresenta poco oltre l'86% del Pil) nei prossimi due
decenni. Ma in contrasto con la crisi che ha devastato paesi come la
Grecia, la Spagna e l'Irlanda – i quali hanno drammaticamente
tagliato la spesa, congelato o tagliato i salari degli impiegati
pubblici e ristretto i fondi per i disoccupati e per i pensionati –
i tentativi francesi di di bilanciare il budget del paese sono
concentrati in primo luogo a potenziare le ritenute attraverso la
tassazione. Nel 2012 solo il 24% dei risultati attesi da quelle
misure verranno da una riduzione della spesa; il rimanente 76% sarà
realizzato attraverso l'incremento delle entrate statale con la
creazione di nuove tasse. L'anno seguente i tagli alla spesa
rappresenteranno il 53% della riduzione del deficit di bilancio –
una porzione in crescita al 64% nel 2016 secondo alcune letture del
pacchetto. Altre analisi, tuttavia, stimano che poco più della metà
dei guadagni nei prossimi cinque anni arriveranno da un aumento del
flusso di introiti delle tassazioni – nonostante in media le
previsioni di crescita annuale per i prossimi anni si attestano
sull'1% - con il resto recuperato con tagli alla spesa attuale.
Questo non è il tipo di smantellamento del welfare state sul quale
molti liberali esteri avrebbero contato.
La ragione della strategia francese appare ovvia. Con le elezioni
politiche in Aprile, Maggio e Giugno, i leader conservatori francesi
appaiono consapevoli che i francesi di ogni estrazione politica
odiano più vedere tagliato l'amato sistema del welfare e i programmi
sociali che sentirsi toccare il portafoglio con un aumento delle
tasse. Forse più di ogni altra società sulla terra – anche tra le
nazioni europee che tendono ad amare il loro welfare states – i
francesi non solo tollereranno una tassazione personale molto alta
per finanziare il loro modello sociale, ma uniranno anche le varie
tendenze politiche per difendersi dagli attacchi percepiti contro di
esso. Essendo stato segnato dalle tante e proteste di massa
riguardanti la riforma, l'impopolare Sarkozy è presumibilmente a
conoscenza dei pericoli dei tagli ai programmi mentre si avvicina il
difficile tentativo di rielezione – sempre sotto la pressione della
crisi del debito.
Il leader francese presumibilmente tiene anche a mente che i
governi di Grecia, Spagna, Irlanda e altri paesi dell'Eurozona sono
caduti sotto la rabbia popolare per aver alzato le tasse e tagliato i
programmi sociali tutti in una volta sola. Questa terribile lezione
di quello che può portare ad usare un grosso bastone e nessuna
carota non da alcun dubbio sulla forma da dare alla cura di Sarkozy:
un approccio a due fasi per tagliare il deficit. (La Francia non è
l'unica che segue questa via prudenziale. Nonostante le previsioni
iniziali secondo cui il nuovo governo italiano avrebbe agito
sull'emergenza crescente del debito sia ricercando nuove entrate
fiscali sia garantendo profondi tagli ai programmi sociali, il Primo
Ministro italiano Mario Monti ha varato un piano con molte nuove
tasse e pochissime riforme)(ci sarebbe da discutere su questa
osservazione del giornalista, sul fatto che non venga toccato il
sistema di welfare italiano ndt).
Ma barando circa il suo
sforzo nella riduzione del disavanzo con un'iniziale importanza
dell'innalzamento delle tasse a causa dell'avvicinamento delle
elezioni, Sarkozy può sistemare la Francia per una decisione di
futura – maturando delle decisioni sull'opportunità di prolungare
questo approccio o meno a metà del 2012. Il motivo? Gli attuali
sondaggi indicano che sia Sarkozy che il suo governo conservatore
saranno battuti dai rivali della sinistra che adesso corrono con la
promessa di rivedere il back-end del loro deficit e il piano di
riduzione del debito – e un cambio del target delle attenzioni
fiscali. Gli avversari (ed alcuni analisti indipendente) denunciano
che le misure adottate dai conservatori di Sarkozy pesano
ingiustamente sulla classe media e sulle famiglie povere, mentre
risparmiano i più ricchi. Fosse stata eletta la sinistra, non solo
sarebbe incline a colpire i ricchi con molto più che un innalzamento
temporaneo della tassa personale del 3-4% previsto dal piano di
Sarkozy, ma scaverebbe in profondità nelle oltre 500 esenzioni che
proteggono con varie modalità dalla tassazione sulla persona –
molte delle quali fanno parte della Francia benestante. I soldi persi
dallo Stato a causa di queste esenzioni sono ogni anno 90 miliardi di
dollari – facendo mancare allo stato un introito vicino al deficit
di bilancio atteso per il 2012. Per questa ragione alcune voci –
tra cui alcune del centro e della destra – stanno cercando i ricchi
del paese, che de facto sarebbe un risparmio fiscale che potrebbe
essere di grande aiuto per l'attuale crisi del debito.
I conservatori francesi di contro ribatto che un aumento delle
tasse per le classi agiati semplicemente provocherebbe una fuga di
capitali all'estero presso nazioni come la Svizzera o il Lussemburgo
– una mossa, sostengono i conservatori, che vedrà i governanti
della sinistra aumentare le tasse a tutti i livelli a (parziale)
copertura del deficit. Questa è un'accusa che suona ideologica, ma è
un'improbabile eventualità. Con il livello generale medio di
tassazione del 49.5% per famiglia nel 2010, anche molti economisti
sfrenatamente di sinistra dicono che c'è un limite a quanto possono
essere alzate le tasse prima che queste colpiscano seriamente il
potere d'acquisto – e minare cosi i consumi e la crescita. (Questo
può essere vero, ma tasse alte non sono sinonimo di rovina economica
o finanziaria. Mentre la Francia è il più alta del 5% rispetto la
media europea, è considerevolmente più bassa rispetto a economie
robuste come la Svezia, la Danimarca, la Finlandia e la Norvegia). Al
contrario, il dibattito in Francia è molto aperto sui ricavi non
tassati che per il momento sono coperti da deroghe e scappatoie per i
ricchi – e alcune aziende – con un consenso crescente tra il 99%
sul fatto che lo Stato dovrebbe prendere più fondi dall'1%
privilegiato. Nel frattempo si è anche parlato, nell'eventuale
vittoria della sinistra il prossimo anno, della demolizione della
complessa e spesso opaca struttura fiscale francese, e sostituirla
con una struttura più snella, trasparente ed equa che sposti il peso
maggiore della contribuzione sulle spalle dei redditi più alti.
Tutto questo non può che suggerire che c'è un consenso crescente
e uniforme sul proteggere il welfare state attraverso l'innalzamento
delle tasse – e dove tali aumenti dovrebbero colpire pù duramente.
C'è un altro dibattito in Francia, come c'è negli USA o in UK,
sulla correttezza, la saggezza o la produttività di “inzuppare i
ricchi” con tasse più alte – e lo scontro di opinioni su questo
argomento è frontale come in altre parti. Al contrario, il tema di
usare le tasse per redistribuire la ricchezza – e salvaguardare il
sistema di welfare nazionale nel processo – è non solo un'idea
accettata, a differenza di altre nazioni più liberali economicamente
come gli Stati Uniti, ma essa è vista come un slam dunk (termine
americano per dire schiacciata a canestro, in questo contesto quindi
assume un valore altamente positivo essendo la schiacciata molto
apprezzata nel gioco del basket ndt) in
Francia tale che solo poche persone hanno alzato la voce
arrabbiate al vedere il proprio reddito anche più tartassato dal
piano di Sarkozy. Quando gli economisti neoliberisti affermano che il
welfare state è morto perché non può essere finanziato, i francesi
rispondono sottolineando che una tassazione più alta può farlo
(almeno fino ad un certo punto).
Segno che i francesi sono ancora francesi – e in un modo che non
può non sconcertare e far sorridere le persone in qualsiasi luogo in
ugual e opposta misura.
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