mercoledì 14 dicembre 2011

Dal Canada all'Italia. Una strada per l'integrazione

Gli ultimi avvenimenti di cronaca hanno rinfocolato il dibattito, mai spento, tra i fautori di un multiculturalismo e tra coloro che invece pensano che un'integrazione tra diverse culture non sia possibile e che l'immigrazione sia la prima causa del tasso di criminalità all'interno della società italiana, in particolare, ed occidentale in generale. 

Cosi se per caso qualcuno accenna ad un'area metropolitana di 6 milioni e mezzo di abitanti, aggiungendo inoltre che è la seconda città al mondo per numero di residenti nati all'estero (46%), nella mente dell'italiano medio la prima cosa che scatta è il pensiero sull'alto indice di criminalità presente in zona.

Eppure numeri cosi grandi sono i caratteri peculiari di una realtà in cui il multiculturalismo non solo è una realtà consolidata, ma fa di questa città il motore economico, culturale e turistico dell'intero paese.
Non sto evidentemente portando l'esempio di alcuna città italiana. I numeri sopra enunciati sono quelli di Toronto, città modello del multiculturalismo mondiale, capoluogo della provincia dell'Ontario e prima città per numero di abitanti del Canada.

Non è un caso se nel 2007 il famoso Financial Times nella sua versione europea posizionava la città canadese al secondo posto nella lista delle grandi metropoli del futuro del Nord America. I punti di forza individuati erano: basso costo delle case, un contenuto tasso di criminalita', un sistema sanitario e dell'istruzione che funzionano e un alto tasso di occupazione. Sempre la stessa rivista nella classifica delle piccole città (inferiori ai 500mila abitanti) posiziona Windsor al primo posto e colloca nella top ten altre quattro città canadesi.

Pongo l'accento sopratutto sul contenuto tasso di criminalità. Infatti Toronto, nonostante sia la seconda città del mondo per immigrazione - dopo Miami -, possiede l'area metropolitana con il più basso indice di criminalità del nord america, e la provincia dell'Ontario - è la più popolosa del Canada e la maggiormente interessata dal fenomeno dell'immigrazione - ha un tasso di criminalità ben al di sotto della media nazionale.

Possiamo quindi prendere ad esempio questa realtà per affermare con tutta sicurezza che il problema non è dettato dal fenomeno migratorio ma dalle condizioni economiche e dalle politiche, generali e di integrazione, dello stato che accoglie coloro che migrano. Toronto, città dalla forte economia e dall'alto livello culturale, ha fatto si che il multiculturalismo non fosse un problema ma un proprio punto di forza.
Cosi all'interno della metropoli abbiamo un intreccio di oltre 100 culture diverse che rendono Toronto una città aperta e dinamica oltreché un polo di grande interesse turistico grazie a quel sovrapporsi di stili e mentalità che danno alla città canadese non solo uno skyline da città moderna ma anche angoli suggestivi e turistici ed un grande impianto museale e culturale che ne fanno la quarta capitale mondiale della cultura.

Come detto però per far ciò è necessaria anche una politica di integrazione ben pianificata ed attenta alle esigenze dei vecchi come dei nuovi cittadini.
Giusto per confrontare le diverse realtà, mentre in Italia non abbiamo presso le forze dell'ordine un corpo di mediatori culturali ben formati per consentire un serio dialogo tra l'istituzione e la popolazione immigrata, il centralino del 911 (numero di emergenza di Toronto) è attrezzato per rispondere in oltre 150 lingue alle richieste di aiuto.
Quello appena fatto è solo un esempio, anche se a mio parere significativo. Per una panoramica più approfondita, sarebbe troppo lungo pubblicarla qui, a questo link potete leggere l'analisi di M. Lombardi (pag. 27 "Percorsi di integrazione degli immigrati e politiche attive del lavoro" ed. Franco Angeli) che ben illustra le politiche canadesi atte favorire l'integrazione sociale e culturale dei migranti. Un esempio di politiche da attuare anche nel belpaese.

In un mondo sempre più interconnesso e sempre più interessato dal multiculturalismo e dal fenomeno delle migrazioni, fenomeno mai scomparso, l'Italia non può sottrarsi dal mettere in campo politiche di integrazione. In caso contrario non potrà che evolvere verso un modello di società chiusa al resto del mondo e decretare cosi la sua sconfitta economica, oltreché culturale, con buona pace delle camice nere e verdi che con la loro subcultura razzista e ignorante difendono un'identità, che se non inesistente, quantomeno anacronistica.

1 commento:

  1. Un post interessante, anche se a mio parere l'esempio di Toronto non è proprio così calzante.
    Il Canada è una nazione giovanissima, costruita da genti provenienti da ogni angolo d'Europa, ma anche dalla Cina e dall'Asia in generale; Senza dimenticare i nativi americani che hanno avuto in Canada maggior rispetto e considerazione che non negli USA che pure hanno preso ad esempio il modello federativo delle Sei Nazioni degli Irochesi nella loro costituzione.
    In Italia c'è il fardello di una cultura millenaria poco incline al rispetto dei diversi, mi riferisco in particolare alla casta vaticana, sempre incline a imporre cosa sia giusto o sbagliato, cosa sia contro natura (e non contro la loro religione opinabilissima), marchiando i gay, gli atei e i comunisti di chissà quali nefandezze, senza considerare che se c'è un comportamento contro natura è quello di obbligare i sacerdoti alla castità, castità costretta che come si vede dà i suoi amari frutti.
    Non voglio dar tutte le colpe alla religione, ma ne ha parecchie anch'essa e bisogna dirlo chiaro e tondo.
    Guardare all'ultimo, cristallino caso di cronaca accaduta a Torino dove una ragazzetta costretta a visite periodiche dal ginecologo, per nascondere il primo rapporto, consenziente, ha dovuto inventarsi uno stupro.
    E a chi addossarne la colpa? Ovviamente ai Rom, perché va bene far del bene al prossimo purché sia italiano, cattolico ed eterosessuale...

    Stefano

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